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La Colnago
chiama Canola
nel pianeta
dei professionisti

di Eros Maccioni
CICLISMO. Il vicentino corona un sogno che ha coltivato a lungo.  «Le ultime tre vittorie mi hanno spianato la strada». Ma due anni e mezzo fa rischiò di mollare la bici

 Marco Canola: passerà professionista con il team Colnago Csf
Marco Canola: passerà professionista con il team Colnago Csf

 Marco Canola: passerà professionista con il team Colnago Csf
Marco Canola: passerà professionista con il team Colnago Csf

Marco Canola professionista. Ora non è più solo una speranza, il contratto è firmato. Dall'anno prossimo correrà con la Colnago Csf, dove già militano molti suoi ex compagni della Zalf come Modolo, Brambilla e Pasqualon, e dove ritroverà anche l'altro vicentino in procinto di fare il grande salto, Enrico Battaglin.
Così come accade per ogni giovane ciclista, anche per Marco Canola il professionismo è un sogno realizzato. Con un solo grande rimpianto: non poter condividere questa gioia con suo padre.
Due anni e mezzo fa Walter Canola fu rubato alla sua famiglia da una malattia e per Marco fu un colpo tremendo. Era al terzo anno da dilettante e quella mazzata gli tolse le forze. Lui, promettente passista-scalatore, non finiva più le gare, non c'era più con la testa. Aveva già deciso di smettere, quando i suoi dirigenti riuscirono a rinfocolare in lui la fiamma della passione per la bici, che gli ardeva dentro da quand'era ragazzino e che oggi lo ha traghettato nel ciclismo che conta.
Marco Canola è nato il 26 dicembre 1988. Ha iniziato con la bici da giovanissimo, con la S.C. Palladio. Al secondo anno da junior ha vinto sette corse. Da dilettante ne ha vinte dieci, fra queste la Coppa di Mercatale.
La firma con la squadra della famiglia Reverberi è arrivata in modo quasi inatteso, all'indomani del Giro del Veneto.
«I miei direttori sportivi Rui e Faresin mi avevano detto di avere fiducia, ma i mesi passavano e nessuno si faceva vivo - racconta il ciclista di Marola - Io sono sempre andato forte, ma ho lavorato molto per la squadra e non ho potuto mettermi in luce più di tanto. Molte volte sono stato ripreso a poche centiniaia di metri dal traguardo. Poi sono arrivate le vittorie di Rovescala, di Sona e del Giro del Piave, che mi hanno aperto le porte del professionismo».
Il sogno è realizzato, ma di là si viaggia forte…
«Ne sono cosciente, e so bene che adesso si azzerano i conti, è come cominciare tutto da capo. Ma la cosa non mi spaventa. Ne ho parlato anche con Battaglin, che ha già debuttato da stagista, e mi ha confermato che nulla è impossibile».
Con che spirito affronta questa nuova avventura?
«Come tutti i neo-professionisti parto con l'obiettivo di fare esperienza, ma questo non vuol dire stare alla finestra. Voglio andare forte sin da inizio stagione, senza perdere troppo tempo. È vero che io vado in forma con il caldo, ma anticipando la preparazione e con i percorsi adatti so che posso fare qualcosa di buono anche nei primi mesi dell'anno. A novembre sarò già al lavoro con questo obiettivo».
Che effetto le fa pensare che correrà con i suoi idoli?
«Beh, pensarci è il miglior modo per rendersi conto del traguardo a cui sono arrivato».
A proposito, qual è il suo mito?
«Ad essere sincero a me piacciono i corridori di una volta, su tutti Gino Bartali. Sono sempre stato affascinato dalla sua mentalità sana, dal suo modo di porsi. Lui non si tirava mai indietro, pensare a lui mi dà molta forza, mi dà coraggio».
Ne peschiamo qualcuno anche fra i viventi?
«Senza dubbio mi emoziona Contador, in salita è il numero uno, ma il mio preferito è Gilbert. Lui è un corridore da corse di un giorno e anch'io lo sono, ha uno scatto che fa la differenza e anche a me, nel mio piccolo, è riuscito più volte di piantare in asso gli avversari allo stesso modo. Non dico che posso diventare come Gilbert, mi basterebbe avvicinarmi a lui».
Come dargli torto? Sognare è lecito e gratis, tanto vale farlo in grande.

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