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DONNE E BASKET

L'appello di Keys, lunga del Famila: «Vogliamo essere trattate da professioniste»

Stipendi e visibilità inferiori, facili luoghi comuni e difficoltà nel farsi riconoscere: nel 2023 la pallacanestro femminile vive ancora nell'ombra della maschile
Jasmine Keys, punto di forza del club orange e della Nazionale, chiede più considerazione per il movimento "rosa"
Jasmine Keys, punto di forza del club orange e della Nazionale, chiede più considerazione per il movimento "rosa"
Jasmine Keys, punto di forza del club orange e della Nazionale, chiede più considerazione per il movimento "rosa"
Jasmine Keys, punto di forza del club orange e della Nazionale, chiede più considerazione per il movimento "rosa"

Stipendi e visibilità inferiori, facili luoghi comuni e difficoltà nel farsi riconoscere come professioniste: nel 2023 la pallacanestro femminile vive ancora nell'ombra della maschile. Lo ha ribadito Jasmine Keys, lunga vicentina del Famila Wuber Schio e della nazionale, una laurea magistrale in psicologia, iscritta ad un master di psicosessuologia clinica: sa di cosa parla e osserva la quotidianità con sguardo critico.

«Parto dal presupposto che una società dovrebbe tutelare i propri cittadini, eppure mi rendo conto che la parte femminile è trascurata, viene vista in maniera diversa e denigrante. È una questione di parità: si tratta di diritti che non si dovrebbe neanche discutere».

«Battaglia assurda»

Nella pallacanestro il problema si acuisce: le cestiste ancora non vengono riconosciute come professioniste. «Abbiamo avuto più visibilità negli ultimi anni, ma quando abbiamo provato ad alzare la voce per avere lo stesso trattamento degli uomini, niente: l'italiano medio dice che non c'è spettacolo e non ci sono le stesse entrate dei maschi». Una battaglia assurda, secondo Keys. «Nel basket faranno sempre più spettacolo, è solo triste dover chiedere di essere trattate nello stesso modo».

E quando si vola...

Il sessismo cestistico passa per i salari. «Non tutte vengono pagate. Ci sono molte donne in Serie A che studiano e lavorano, perché non abbiamo uno stipendio per vivere. Dobbiamo fare il triplo della fatica. Monica Tonello, mio capitano ai tempi del Fila, andava in ufficio prima dell'allenamento». Le differenze pesano. «In nazionale è più alta, vedi per i viaggi: i maschi utilizzano il charter, noi non ce l'abbiamo e spesso per le trasferte dobbiamo compiere dei viaggi della speranza. Eppure siamo sotto la stessa federazione». Ci sono anche ostacoli fisici, come il ciclo mestruale. «Ormai ci conviviamo, ma nel nostro corpo cambia tantissimo a livello fisiologico, muscolare e psicologico, molte hanno anche patologie e dolori superabili solo con i farmaci. Il muscolo si sviluppa in modo diverso con il ciclo, bisogna fare un lavoro a parte: io ad esempio devo giocare con la pancera perché schiena e basso ventre mi fanno malissimo. È un momento di difficoltà a cui noi siamo abituate, stringiamo i denti e non possiamo lamentarci. Bisognerebbe informare di più». Il grande pubblico non è abituato. E a volte si verificano situazione davvero incredibili. «Ci sono certi commenti... A me è successo con i social, spesso si leggono insulti e paragoni assurdi con la maschile. Le ragazzine che si avvicinano a questo sport trovano un ostacolo. Io cerco di rispondere con l'ironia». Limiti culturali che sembrano invalicabili. «Veniamo viste come le rompiscatole che vogliono mettere i puntini sulle i. Non capisco cosa spinge le persone a non capirci. Ci sono pregiudizi difficili da sradicare».

Mondi da avvicinare

E il futuro? Qualche spiraglio c'è. «Si vedono dei miglioramenti, non solo dello sport, ma anche nella vita lavorativa e nella società». Una delle ipotesi è quella di avvicinare i due mondi, ad esempio facendo disputare le partite delle coppe in una sola occasione, per aumentare la visibilità del movimento femminile. «Dovremmo collaborare di più e creare un movimento più unito, anche per ragazzini e ragazzine: dobbiamo far capire loro che il basket è uno, devi buttare la palla nel cesto, non cambia se sei maschio o femmina». Keys e tante giovani atlete si batteranno per avere gli stessi diritti degli uomini (che, tra l'altro, spesso vanno ad assistere alle gare delle donne). «Dobbiamo continuare a far sentire la nostra voce. Chiediamo solo parità di stipendio e il professionismo. Non riempiremo i palazzetti ma lotteremo per le prossime generazioni».

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