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Il ricordo

Due anni senza Paolo Rossi, uno di noi. La lettera aperta del compagno di squadra e amico Vinicio Verza: «So che un giorno ci riabbracceremo»

Il 9 dicembre 2020 ci lasciava Pablito.

Due anni senza Paolo Rossi. In realtà sono stati due anni in cui tutti noi siamo stati con Paolo Rossi. Forse come non lo eravamo mai stati. Tutti i grandi campioni, in un certo senso, sono immortali. Ne ricordiamo le imprese, le vittorie, i gol quando si parla di un calciatore che ha vinto il Pallone d’oro dopo essersi laureato campione del mondo con in più il titolo di capocannoniere. Ma a Vicenza Paolo è stato qualcosa di più. «Uno di noi» titolammo pochi secondi dopo aver appreso la tragica notizia in quel tragico 9 dicembre di due anni fa, mentre in redazione calava un irreale silenzio.
Da tutti i Comuni del Vicentino cominciarono ad arrivare centinaia di foto di persone che lo avevano conosciuto e che avevano posato con lui, sempre disponibile e sorridente. Non ha mai fatto il “prezioso”, neanche quando la sua bravura lo ha portato dal Menti al Bernabeu, dal Vicenza di Fabbri alla Nazionale di Bearzot. «Uno di noi», sempre. Anche, e soprattutto, adesso che lo sentiamo con noi quando passiamo davanti al Menti; che ci viene in mente quando sospiriamo vedendo il Vicenza in cima alla classifica come quando c’era lui; che ci pare di vederlo quando capita di fermarsi nel posto dove scambiammo una parola sempre condita da un sorriso. Un anno fa, al museo Fifa di Zurigo, Falcao disse che Paolo avrebbe segnato tanti gol anche nel calcio di oggi. 
E ci pare di vederlo mentre alza le braccia al cielo. Sempre con noi. 

(Marino Smiderle)

 

Pubblichiamo qui di seguito la lettera aperta del compagno di squadra e, soprattutto, grande amico di Pablito, Vinicio Verza. Il loro è un legame forte, speciale, che va oltre il tempo, che corre tra terra e cielo. 

Paolo Rossi e Vinicio Verza
Paolo Rossi e Vinicio Verza

"Ciao bomber, sono già trascorsi due anni da quando te ne sei andato, il tuo distacco è stato per me devastante, ogni sera, al ritorno dal lavoro passo davanti all’ingresso dello stadio, dove campeggia la tua gigantografia, l’angoscia ed il pianto in gola mi sono stati, per molto tempo, compagni, anche se non desiderati. Tu non avresti voluto che io portassi questa tristezza nel cuore. È passato tanto tempo velocemente ed ora ti guardo diversamente, ho accettato, con consapevolezza di lasciarti andare, voler bene vuol dire anche rendere libere le persone.
Qualche volta ho ancora attimi di sconforto, ma questi sono parte della mia sensibilità e fragilità, per cui ci devo convivere.
Oggi vivo la bellezza dei ricordi col sorriso e mi rende felice percepire l’immortalità che hai lasciato nella gente.
Un giorno, sono certo, ci ritroveremo e se vorrai, potremo raccontarci di quando eravamo ragazzini nel settore giovanile della Juventus, della nostra carriera nel mondo professionistico, delle persone che ci hanno accompagnato in questo breve ma intenso percorso, delle gioie e delle sofferenze, dei trionfi e delle sconfitte, potremo parlare del bar da Tacco, del nostro ristorante preferito da Sergio e Ciacio “al Pozzo”, della nostra casa che condividevamo in Via Cairoli, della tua 112 blu e della mia 850 special verde pisello, delle nostre fidanzatine che sono poi diventate nostre mogli, dei nostri figli più grandi nati entrambi nel 1982, del dopo calcio, con la nuova attività che abbiamo condiviso seppure in due ruoli diversi che ci vedeva comunque coinvolti, dei viaggi che tanto amavi, accompagnato dagli amici più cari che hai potuto e voluto scegliere al di fuori dell’ambiente calcistico ……… o solamente bomber, per un semplice abbraccio, quello che non sono più riuscito a darti quando eri ancora tra noi".

(Vinicio Verza)

 

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