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La storia

Gregorio, un calcio alla leucemia
E a 10 anni segna il gol più bello

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Gregorio insieme ai compagni di squadra del Le Torri Bertesina. FOTO TROGU
Gregorio insieme ai compagni di squadra del Le Torri Bertesina. FOTO TROGU
Gregorio insieme ai compagni di squadra del Le Torri Bertesina. FOTO TROGU
Gregorio insieme ai compagni di squadra del Le Torri Bertesina. FOTO TROGU

Il gol più bello di Gregorio. Sguardo fiero e innocente, sul volto un paio di occhiali neri a contornare due occhioni azzurri che sprizzano gioia e un’irrefrenabile voglia di vivere tanto da contaminare chi gli sta attorno. Inizialmente timido e quasi imbarazzato, al primo accenno calcistico però ecco fuoriuscire dalla sua tenue ed educata voce il grandissimo amore per il calcio; una passione travolgente come un fiume piena, e a proposito di fiumi straripanti a mamma Coralba vengono ancora i brividi solo a pensare alla data del 2 novembre 2010 quando il Bacchiglione, esondato il giorno precedente, aveva paralizzato la città ma lei doveva assolutamente giungere all’ospedale di San Bortolo: quel giorno, infatti, il suo terzogenito era atteso da una serie di esami fondamentali per debellare una maligna forma di leucemia. «Eravamo legati alle analisi del sangue - spiega Coralba Scarrico - e in un momento di stallo alcuni valori di Gregorio si erano abbassati con il rischio di una nuova trasfusione; per noi era dunque un obbligo arrivare a Vicenza (la famiglia residente a Valproto è poi composta da papà Fabrizio, dal fratello Tommaso e dalla sorella Agnese, all’epoca 8 e 6 anni) ed ero disposta a farlo pure in barca: quando ti trovi in certe situazioni nessun fattore ti può fermare e il domani non esiste, esiste solo l’oggi».

 

UN CALVARIO INIZIATO NEL 2010

Iniziamo da qui il racconto di Gregorio Gelosi, giocatore in forza al Le Torri Bertesina nato il 16 aprile 2008 che a 23 mesi è stato colpito da un tumore delle cellule del sangue; un calvario iniziato nella tragica notte tra il 26 e il 27 marzo 2010. «Siccome non vedevo Gregorio con il solito atteggiamento abbiamo deciso di recarci in ospedale per fare degli accertamenti; ricordo ancora che quel venerdì sera - racconta Coralba - nelle corsie c’era un gran trambusto per un sospetto caso di meningite. Non vedevamo l’ora di tornare a casa per festeggiare il compleanno di mio marito, i festeggiamenti però non sono stati celebrati in quanto Gregorio è stato dapprima ricoverato e il martedì trasferito a Padova: quello è stato il viaggio più brutto della mia vita. In ambulanza quando un infermiere, con grandissimo tatto e professionalità, mi ha detto che stavamo raggiungendo il reparto di oncoematologia pediatrica ho realizzato cosa stava veramente succedendo; mentre il bimbo dormiva un’infermiera mi passava dei fazzoletti per asciugarmi le lacrime sul volto senza dire una parola». Di lì i mesi di ricovero nel nosocomio patavino tra chemioterapie, trasfusioni e accertamenti, poi il ritorno a casa dove tutto inevitabilmente non è più stato come prima. «Quando una persona si ammala tutti i componenti del nucleo famigliare soffrono perché in un secondo viene distrutto il “normale”: tutto ciò che avevi senza rendertene conto viene spazzato da un terremoto. A casa tutto doveva essere rigorosamente asettico, si girava con le mascherine, i ragazzi quando tornavano da scuola dovevano spogliarsi immediatamente e cambiarsi perché c’era il terrore di una ricaduta: per molto tempo ho viaggiato con la valigia pronta in auto perché ad ogni controllo avevo paura che i medici ordinassero un nuovo ricovero».

 

IL CALCIO E QUELLA VOGLIA DI RICOMINCIARE

Queste le parole di una madre che non ha mai smesso di lottare e ora con la sua famiglia vuole ricominciare a vivere. «Non mi stancherò mai di dire che lo sport in generale e il calcio nello specifico sono vita, quando si sta bene si danno per scontate molte cose la cui importanza viene in risalto nel momento in cui vengono a mancare. Il calcio per molti è una normalità, quella normalità viene però immediatamente eliminata quando una persona si ammala: penso che solo il poter essere in campo significa vincere». Oggi però Gregorio - sfegatato tifoso della Juventus con idolo Ronaldo - può finalmente gioire e guardare al futuro con ottimismo. «Mi diverto tantissimo a giocare tanto che pure a casa ho la palla sempre pronta per sfidare sia mio fratello Tommy che papà». Oggi ricopre il ruolo di esterno destro ma pur di giocare… (in sede di intervista è scattata una doppia promessa: alla prima rete mamma Coralba dovrà acquistare un nuovo paio di scarpe mentre il dg Alberto Menti regalerà il pallone della gara). Ma il gol più importante l’ha già realizzato.

Francesco Meneguzzo