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Il neo campione di MotoGp

Il fenomeno Quartararo "cresciuto" dal manager vicentino Luca Boscoscuro

Il manager vicentino Luca Boscoscuro nel 2018 con il futuro iridato Fabio Quartararo
Il manager vicentino Luca Boscoscuro nel 2018 con il futuro iridato Fabio Quartararo
Il manager vicentino Luca Boscoscuro nel 2018 con il futuro iridato Fabio Quartararo
Il manager vicentino Luca Boscoscuro nel 2018 con il futuro iridato Fabio Quartararo

Weekend intenso quello della scorsa settimana a Misano. Dieci anni dalla scomparsa di Marco Simoncelli, l’ultimo Gp sulla pista di casa per Valentino Rossi e la vittoria mondiale del francese Fabio Quartararo. Ingredienti per una domenica speciale anche in casa di Luca Boscoscuro, ex pilota professionista, poi team manager di SuperSic alla Gilera e oggi proprietario del team vicentino (di Lugo) Speed Up, protagonista nella Moto2. 
Boscoscuro da più di dieci anni è presente nel paddock della Moto2 col suo team, passione e valorizzazione di giovani talenti sono gli obiettivi principali della squadra che nel 2018 ha avuto la fortuna di avere nel proprio box il neo campione iridato Quartararo. Una fortuna per il team, ma anche per l’allora giovanissimo pilota (oggi ventiduenne) di Nizza, che alla Speed Up ha iniziato la sua ascesa.

 

Speed Up. «Il Quartararo che arrivò alla Speed Up era un ragazzo distrutto psicologicamente - ha raccontato Boscoscuro ai microfoni di moto.it durante la diretta live dopo Misano - Era in grande difficoltà dopo una stagione difficile, nemmeno lui credeva nelle sue potenzialità e in quello che poteva fare in sella. Noi come team eravamo consapevoli che il ragazzo avesse delle doti e per questo abbiamo puntato su di lui. Abbiamo lavorato tanto sui fianchi, siamo stati per lui una famiglia di cui fidarsi, non abbiamo mai smesso di supportarlo e i risultati pian piano sono arrivati».

 

Il mondiale MotoGp. Un mondiale vinto alla terza stagione nella classe regina, praticamente la prima con la moto ufficiale della Yamaha dopo due stagioni di praticantato in sella alla Petronas dove ha potuto studiare da campione con uno staff che lo ha poi seguito e vinto al suo fianco. Uno staff che come Boscoscuro ci aveva visto lungo, perché il francese ha talento da vendere in sella a un bolide su due ruote. «La prima cosa che guardo in un pilota è il talento - continua Boscoscuro - ma deve avere anche cervello, se no serve a poco. Ricordo che Fabio lo seguivo anche prima della Moto3 nelle competizioni minori e vedevi subito l’abbondanza di talento, ma questo mondo ha fretta e tanti giovani vengono bruciati ancora prima di farli correre. Con lui e come con tanti piloti che sono passati da noi e che passeranno pensiamo a farli giocare e divertire, oltre a essere un team manager o un meccanico dobbiamo essere anche un amico che quando serve ti da due ceffoni o una carezza. Successe anche con Fabio dopo i primi gran premi, difficile dimenticare quel difficile avvio». 

 

Un 2018 iniziato in modo difficilissimo. Lo stesso Quartararo lo ha ricordato dopo la vittoria del Mondiale. Forse il punto più basso da dove poi è partito tutto per arrivare fino all’olimpo della specialità. «In Argentina se ne esce dicendo tutto arrabbiato che girava più lento anche della safety car e che non andava bene niente. La Moto2 è una categoria difficilissima e anche lui si è dovuto adattare alle diversità della nostra moto. Ci siamo criticati a vicenda e li abbiamo costruito qualcosa di importante dove tutti siamo migliorati e poi i risultati sono arrivati anche per noi. Questo penso ci abbia legato molto e abbia portato Fabio a dare il cento per cento».

 

Un crescendo di emozioni e vittorie. «Da quella gara dove tutto sembrava andare storto non si è più fermato ed è sempre entrato tra i primi dieci tranne a Motegi dove per una piccolissima differenza di pressione gomme rispetto alle regole fu estromesso dalla classifica della gara che aveva vinto in pista. Ancora brucia quella mancata vittoria ma le regole sono le regole. Un suo pregio è quello di sapere sfruttare la moto che ha a disposizione nel migliore dei modi, io non gli ho insegnato nulla, ho solo cercato di aiutarlo a migliorare». 

 

Ma si aspettava una vittoria mondiale così presto? «Così veloce no, ma il talento ce l’ha e ha messo in pista tutto il suo valore vincendo con merito. Ha trovato la costanza di lavorare con lo stesso gruppo di persone per più anni, forse gli è mancato proprio questo nelle altre classi se no avrebbe sicuramente vinto anche lì»

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