<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
IL PERSONAGGIO

Alla soglia dei 92 anni. Brunelli lascia il basket

Veterano dello sport Luciano Brunelli, 91 anni, durante l’intervista nella sede del Coni di Vicenza ALBERTO  VIGONESIClub azzurro (1951) La prima  squadra di Brunelli, ultimo in alto da sinistra
Veterano dello sport Luciano Brunelli, 91 anni, durante l’intervista nella sede del Coni di Vicenza ALBERTO VIGONESIClub azzurro (1951) La prima squadra di Brunelli, ultimo in alto da sinistra
Veterano dello sport Luciano Brunelli, 91 anni, durante l’intervista nella sede del Coni di Vicenza ALBERTO  VIGONESIClub azzurro (1951) La prima  squadra di Brunelli, ultimo in alto da sinistra
Veterano dello sport Luciano Brunelli, 91 anni, durante l’intervista nella sede del Coni di Vicenza ALBERTO VIGONESIClub azzurro (1951) La prima squadra di Brunelli, ultimo in alto da sinistra

Da giocatore ad arbitro, da istruttore a dirigente, l’amore per la palla a spicchi lo ha accompagnato per tutta la vita. Ma ora, anche per Luciano Brunelli, è giunto il momento di fare un passo indietro: il 31 marzo scorso, alla soglia dei 92 anni, ha terminato il proprio impegno diretto nel mondo del basket, dopo 71 anni da tesserato della Fip, gli ultimi dei quali come collaboratore del settore minibasket provinciale. «Nel primo regolamento tecnico che ho studiato - racconta - c’era la postilla “da applicare con buonsenso”. Ecco, in tutta la mia carriera ho sempre cercato di seguire questo consiglio». Nato nel dicembre 1930, Brunelli ha iniziato a giocare con il gruppo scout Cngei nel campo di San Biagio, in una città che doveva ancora riprendersi dalla devastazione della guerra. «I canestri - spiega - erano tenuti su con il filo di ferro, su pali di legno traballanti. A guardare le nostre partite erano i detenuti del vicino carcere, che a fine gara ci chiedevano di fare da intermediari con le loro famiglie». Da lì il passaggio in Piarda al Club azzurro, in seguito Tostato Brasil. «Il campo era accanto al Retrone e spesso dovevamo immergerci nel fiume gelido per recuperare la ”pallonessa”, il pallone con la cucitura». Questo e altri frammenti raccontano una pallacanestro che non c'è più. «Le divise erano di tela, con i numeri fatti con la corda. Ricordo una trasferta a Montagnana: dopo il viaggio a bordo della Vaca Mora ci troviamo un campo in terra battuta infangato per la pioggia del mattino. Fu una partita di soli passaggi, perché altrimenti la palla si impiantava». Dal 1954 Brunelli fa l’arbitro in quasi 900 gare, con la soddisfazione «di non aver mai preso un giorno di ferie dal lavoro per farlo». Prima con i concittadini Pressanto, Baldisseri e Tognato, poi con gli altri colleghi della penisola, Luciano arbitra in tutti i campionati, Serie A compresa. «Con giocatori e tecnici - ricorda - c’era un rapporto di reciproco rispetto che si è perso nel tempo. E anche con i supporter: a Trieste c’era un gruppo di ragazzi che mi salutava sempre con la frase “è arrivato il nostro arbitro capellone”, data la calvizie incipienti, al ché io mi mettevo a ridere. Una volta, all'intervallo, invece di andare in spogliatoio ero passato al bar della palestra per prendere un caffè. I tifosi volevano offrirmelo, ma ho risposto “mi dispiace ragazzi, ma sarebbe corruzione di pubblico ufficiale”. Questa era la pallacanestro di una volta». Brunelli appese il fischietto al chiodo nel 1973, ma già nel 1970 si era lanciato in una nuova avventura, durata per ben 40 anni. Con Guido Marangoni fondò L'Argine, inizialmente polisportiva, del quartiere dei Ferrovieri. «Gli inizi - ammette - sono stati difficoltosi, tanto che ci arrangiavamo con un solo canestro messo dentro una stanza della canonica. Poi il Comune ci ha concesso qualche ora nella palestra Bellini di San Lazzaro; il sottoscritto, nonostante i richiami della moglie, caricava nella sua 127 i bambini, facendo due giri per attraversare l’incrocio di viale Verona». Più che i trofei «la mia mentalità - rivela - era tenere i ragazzi lontani dalla strada. E ora che il club è gestito da alcuni dei miei allievi di una volta sono orgoglioso». Proprio la formazione dei giovani ha sempre interessato Brunelli, sia all’interno della Fip che con i Centri di avviamento allo sport del Coni. Fino al 2018 è stato lui il responsabile provinciale del minibasket, settore con cui ha collaborato sino a poche settimane fa. Ora, sebbene il corpo e la mente siano quelli di un giovincello, è tempo di pensare a se stesso e alla amata nipotina di otto anni. «Non ho mai vissuto di pallacanestro - conclude - ma, guardando indietro, rifarei tutto».•.

Alberto Vigonesi

Suggerimenti