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Siamo andati sulla Luna per riscoprire la Terra

Il pubblico ha affollato “La Pasticceria” in contra’ San Francesco durante il reading. FOTO ANDREA GARZOTTOMassimiano Bucchi e Arturo Stàlteri. FOTO GARZOTTO
Il pubblico ha affollato “La Pasticceria” in contra’ San Francesco durante il reading. FOTO ANDREA GARZOTTOMassimiano Bucchi e Arturo Stàlteri. FOTO GARZOTTO
Il pubblico ha affollato “La Pasticceria” in contra’ San Francesco durante il reading. FOTO ANDREA GARZOTTOMassimiano Bucchi e Arturo Stàlteri. FOTO GARZOTTO
Il pubblico ha affollato “La Pasticceria” in contra’ San Francesco durante il reading. FOTO ANDREA GARZOTTOMassimiano Bucchi e Arturo Stàlteri. FOTO GARZOTTO

Gianmaria Pitton VICENZA «Hai un pellicola a colori, Jim?». Per fortuna Jim, cioè James Lowell jr, astronauta dell’Apollo 8, ha un rullino fotografico a colori. Sta orbitando attorno alla Luna con i colleghi William Anders e Frank Borman, è la vigilia di Natale del 1968. La macchina fotografica, impugnata da Anders, non viene però rivolta verso la Luna; i tre astronauti sono sorpresi da un altro spettacolo, la Terra che sorge dall’orizzonte lunare. “Earthrise” è il titolo di quella foto, tra le più influenti mai realizzate. È la rappresentazione di quanto piccolo e fragile sia il nostro pianeta, e di quanto smisurate siano le ambizioni umane. Eppure quelle ambizioni sono state il vero propellente della storica impresa di cinquant’anni fa, lo sbarco sulla Luna. Il sociologo della scienza Massimiano Bucchi, nel reading-concerto allestito con il pianista Arturo Stàlteri nello spazio “La Pasticceria” di Asastudio, in contra’ San Francesco, racconta i contributi di chi alzò gli occhi verso lo spazio e sognò di poterci andare. Contributi spesso misconosciuti, non di rado sbeffeggiati dai contemporanei. Galilei e Kennedy - tra le figure citate da Bucchi - sono famosi, certo, ma lo sono molto meno lo scienziato Robert Goddard, trattato come un matto dal New York Times negli anni Venti, o Hermann Oberth, ai cui progetti per costruire un razzo nessuno dava retta. Ma le loro visioni sono state essenziali perché oggi possiamo considerare con distacco - quasi - storico lo sbarco sulla Luna, e non invece chiederci perché non ci siamo ancora stati. Il rischio di non farcela, peraltro, era piuttosto elevato, il presidente Nixon - ha ricordato Bucchi - aveva già pronto il discorso “in memoriam” dei tre astronauti dell’Apollo 11. L’impresa è riuscita: aveva ragione Goddard, un razzo poteva andare nello spazio. E così, cinquant’anni dopo, la clamorosa ammissione: “The Times regrets the error”, “Il Times si rammarica dell’errore”. Bucchi procede per rapidi ed efficaci affreschi, in cui lo sguardo del sociologo va oltre il dato di cronaca e trova collegamenti con la letteratura, le arti, la società nel suo complesso. Così sottolinea come nel 1962, in contemporanea con il celeberrimo discorso sulla Luna di Kennedy, fosse uscito Primavera silenziosa della biologa Rachel Carson, libro che contribuì «ad accendere definitivamente la scintilla di quella che poi sarebbe divenuta la nostra coscienza ecologica». Vi contribuì non poco anche la foto “Earthrise”, manifesto della necessità di prendersi cura di questa pallina azzurra persa nel nero e freddo infinito. Il viaggio raccontato si è intessuto con il viaggio musicato grazie ai brani interpretati da Stàlteri, compositore e voce storica di Rai Radio 3, che ha dei “trascorsi” con il satellite della Terra visto che il primo gruppo di cui ha fatto parte si chiamava Pierrot Lunaire. Eseguita dal vivo con maestria, per quanto gli spazi ristretti non consentissero l’impiego di un pianoforte a coda, la colonna sonora di Perché la Luna (il titolo del reading-concerto, che il 5 marzo sarà al teatro La Fenice di Venezia) non poteva non partire dalla classica Blue Moon, e ha poi offerto versioni non di rado sorprendenti di canzoni quali Moonshadow di Cat Stevens, Moonchild dei King Crimson, Walking on the Moon dei Police ed Eclipse dei Pink Floyd, queste due ultime presentate in medley. Eleganti i brani originali dello stesso Stàlteri, anch’essi in medley, The Moon and the Mirror e Notturno in sol minore (Starry Night). Esordio da applausi nel settore degli spettacoli per il nuovo laboratorio culturale gestito dall’Asastudio di Flavio Albanese, a cui si augura di poter ospitare altre incursioni insolite tra arte, scienza e società. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianmaria Pitton

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