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Ciclo dei Classici

Ivana Monti all'Olimpico. «Antigone: farò Creonte donna. Ferma ma pronta ad ascoltare»

Ivana Monti nuovamente in scena al Teatro Olimpico di Vicenza per il Ciclo dei Classici (Foto Archivio)
Ivana Monti nuovamente in scena al Teatro Olimpico di Vicenza per il Ciclo dei Classici (Foto Archivio)
Ivana Monti nuovamente in scena al Teatro Olimpico di Vicenza per il Ciclo dei Classici (Foto Archivio)
Ivana Monti nuovamente in scena al Teatro Olimpico di Vicenza per il Ciclo dei Classici (Foto Archivio)

I biglietti sono stati venduti in un lampo e per “Antigone” si attende il tutto esaurito. Non può che essere così con Ivana Monti, un anno fa nella breve tregua concessa dal Covid, capace di essere per il Ciclo dei Classici, prima Ecuba, poi l’anziana Castracagna accusata di stregoneria, poi, ancora, di salire sul palco per “La Signora Dalloway”. Anche quest’anno l’agenda autunnale dell’attrice milanese, autentica fuoriclasse del palcoscenico dice Teatro Olimpico. Dal primo ottobre al 3, con Antigone in prima nazionale, per la regia di Giovanna Cordova accanto ai giovani attori di Tema Cultura Academy. Ivana Monti sarà Creonte, in un ruolo tradizionalmente maschile, «ma nel quale - promette -, metterò me stessa e anche la mia femminilità». Perché i classici, sono oltre ogni categoria e classificazione.

 

Ivana Monti che fa re Creonte: un’altra sfida da vincere?
«Diciamo una telefonata giusta che ha colto il momento. All’altro capo c’era Giancarlo Marinelli».

Ed è stato convincente…
«Senza troppi preamboli mi ha detto: “Ivana, ti andrebbe di fare re Creonte?”. Avevo già incrociato figure regali e maschili in Shakespeare e, tra le altre cose, l’esperienza mi riportava agli anni con Giorgio Strehler, per cui ho detto di sì e mi sono messa subito a studiare l’albero genealogico».

L’albero di Creonte?
«Certo, dalle nozze tra Cadmo e Armonia, fino a Edipo e oltre. Mi interessavano la dimensione familiare del mito e la possibilità di allargare i legami all’oggi considerando che ogni famiglia può essere luogo di tensioni, ma è soprattutto luogo di amore. Poi, però, è arrivato il colpo di scena».

Rispetto ai personaggi?
«Rispetto a me, a Ivana Monti. Accade che mi presenti per le prove col mio bagaglio di personaggi maschili e che, provvidenzialmente, Giovanna Cordova rovesci completamente la prospettiva».

Che cosa le ha detto?
«Che non voleva una donna che facesse l’uomo, voleva me, Ivana, in tutta l’umanità possibile. E io che ero già registrata su Re Lear mi sono sentita i piedi di argilla».

Come ha ripensato il personaggio?
«L’ho fatto tornando al concetto di famiglia dal quale ero partita e a quella particolare famiglia del mito sulla quale mi ero documentata. Di colpo è come se mi si fosse accesa una lampadina, e mi sono balzate alla mente le parole di Strehler. Il quale, quando affrontavamo le famiglie dei personaggi shakespeariani, ci parlava di “rabbia amorosa” sotto la quale esisteva un legame profondo e indissolubile».

Che carattere avrà Creonte?
«Insieme alla regista lo abbiamo voluto dipingere con quante più sfumature possibili. Inizialmente, quando pronuncerà il suo editto, sarà un uomo di Stato, austero e irraggiungibile. Poi emergerà la femminilità».

Qui ci sarà proprio la mano di Ivana Monti…
«Necessariamente, ho pensato alla mia esperienza badando però a tenermi lontana dagli stereotipi. E l’ho immaginato fermo nelle proprie decisioni, ma attento anche ad ascoltare, con una disposizione d’animo che mi ha aiutato anche a innovare il rapporto con la nipote Antigone».

Che cosa accade tra Creonte e Antigone?
«Accade che di fronte alla risolutezza di lei nel non voler obbedire all’editto che condanna Polinice, il traditore, lui resti stupito, un po’ dubbioso e quasi pronto a seguire la nipote. Non solo: nonostante la ragion di Stato lo obblighi a condannare anche lei, farà tutto il possibile per salvarla».

Poi, però, anche questo Creonte cederà alle sue stesse leggi?
«Inevitabilmente, da un lato perché volevamo rispettare il dettato di Sofocle, dall’altro perché volevamo legare Creonte alla modernità e collocarlo nella scia di tanti potenti dell’attualità, costretti spesso a confrontarsi con ragioni più grandi di loro. Infine, ci piaceva pensare Creonte come primo “re borghese” chiamato a svolgere un mestiere in chiave non eroica, in un Paese normale».

“Paese normale” ricorda una definizione in voga più di 20 anni fa…
«L’abbiamo presa proprio da quel tempo, ma dopo un anno e mezzo di pandemia si adatta benissimo anche ai nostri giorni. In fondo, delle giornate normali sono proprio ciò che in questa fase storica desideriamo».

Un’Antigone molto densa di spunti, la vostra, ma ci sarà anche dell’altro: i giovani di Tema Cultura Academy, ad esempio…
«Sì, con un Tiresia adolescente che, anche in questo caso, rovescerà le convenzioni. E, poi, sul calo del sipario l’abbraccio tra Creonte e Ismene, con il quale due esseri umani provati, si sorreggono capendo che nella vita c’è un valore che va molto oltre le apparenze e che è proprio per questo valore che bisogna andare avanti».

Lorenzo Parolin

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