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Dal 4 novembre al 16 dicembre

Don Marco Pozza e la nuova docu-serie su Canale 5

di Marialuisa Duso
Da sabato 4 novembre prende il via "Quando il fiume incontra il mare. Parabole di vita". Il sacerdote di Calvene racconterà sette storie
Don Marco Pozza
Don Marco Pozza
Don Marco Pozza
Don Marco Pozza

“Mi chiamo Marco e, anche se dalla mia faccia forse non si direbbe, sono un prete”. Un prete che ha trovato un modo tutto suo, per portare il vangelo, toccando i cuori, e oggi torna in tv, su Canale5, con “Quando il fiume tocca il mare”, una docu-serie, in sette puntate, per cercare la luce dentro le vicende umane.

«Mi chiamo Giordano, sono nato matto e morirò matto» dice il protagonista della prima «Anche don Marco, comunque, è matto. Evviva i matti, allora!». Giordano Vascotto, membro della compagnia teatrale “L’accademia della follia” formata dai pazienti dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, permette a don Marco di raccontare il disagio psichico dal punto di vista di chi ha “aspettato” il proprio momento per salire alla ribalta. Un esempio di vita che riprende la parabola dei lavoratori della vigna.

 

La docu-serie con don Marco Pozza

Il programma, prodotto da Officina della Comunicazione, diretto da Luca Salmaso, è nato da un’idea di Marco Pozza e Dario Edoardo Viganò e va in onda il sabato mattina, dal 4 novembre al 16 dicembre (è possibile rivederlo su Mediaset Infinity). Protagonista il vangelo, raccontato attraverso storie di varia umanità: «In ogni puntata - annuncia don Marco - scopriremo la bellezza recondita di una parabola del Vangelo, narrata attraverso la ferialità di una storia della porta accanto». 

“Quando il fiume incontra il mare” racconta sette storie raccolte sulle sponde del Fiume Piave «fiume sacro alla Patria e alla mia splendida terra veneta - ricorda il prete, originario di Calvene - cosa potrebbe accadere quando una di queste storie incontra la storia di Dio? Mi sono interrogato. Ho provato a rispondermi usando immagini, parole e confidenze. E ho scoperto che certe storie non sono affatto delle gocce in mare, ma c’è il mare intero racchiuso in quella goccia».

Parabola di vita

«Provengo da un’infanzia felice - rivela il parroco del carcere di Padova, “amico” di papa Francesco - da quella stagione ho ricavato una percentuale di magia che devo ancora smaltire: la magia delle storie che mi hanno raccontato i miei nonni, infarcendole d’affetto e di allegrezza. Quando me le raccontavano, il più delle volte si mettevano in ginocchio davanti a me, guardandomi negli occhi quando c’era una pausa tra una riga e l’altra. Mentre li ascoltavo, percepivo sulla mia pelle quanto loro ci credessero a quello che mi stavano leggendo. Le storie mi hanno sempre fatto compagnia: storie di poesie e dannazione, storie belle e spaventose, di rabbia, d’amore. Poi, quando iniziai a prendere in mano i libri dei Vangeli – prima quelli a fumetti alla scuola materna, poi quelli per bambini alle elementari, infine i testi originali all’università – rimasi stregato dalla percentuale di magia contenuta nelle storie che Cristo usava per avvicinare alle teste crude e matte dei suoi amici la spina dorsale del Regno di Dio, dei suoi segreti misteri: “Saranno storie vere o se le sarà inventate di brutto?” mi chiedevo. In quelle storie lunghe poco più di qualche riga, avvertivo un combustibile ch’era altamente infiammabile».

Le sette storie 

«Sono andato a caccia di sette storie della porta accanto - spiega - che, raccontandosi, mi regalassero il brivido di avvertire sulla pelle come il Vangelo sia una storia che accade oggi, la cui magia è quella di non smettere mai di avere delle cose nuove da dire. Cose nuove e diverse a seconda delle storie di chi in loro s’imbatte. Son storie zuppe di talento, di miseria e di perdizione: di follia, di visione e di passione. Son storie dove la sofferenza, stringendo l’uomo e la donna come in una morsa, ha fatto venire al mondo una bellezza ancor più seducente, perché ferita e matura. È la storia del matto Giordano, del bambino prodigio Giovanni, dell’ex brigantello di quartiere Carletto, del bizzarro Josè. Della lottatrice Giulia, di mamma Chiara e di Pino, il papà visionario del “Cristo pensante”. Sulle loro facce, che sono storie parlanti, è appeso il cartello: “Aperto per lavori”, non “Chiuso per lavori”. Perché, quando c’è di mezzo il Cristo, i lavori sono sempre in corso. E mentre sono in corso, la porta resta aperta, come nei vecchi laboratori d’artigiano d’un tempo».

Della “terribile bellezza dei vangeli” don Marco Pozza parla anche in “Ognuno fa il fuoco con la legna che ha” il suo ultimo libro edito da Rizzoli.

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