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Schermi & Visioni

Sumo, Giappone e storia in una serie meravigliosa

Sbarcano su Netflix gli otto episodi della prima stagione di «Sanctuary»
«Sanctuary» di Kan Eguchi: il protagonista Wataru Ichinose
«Sanctuary» di Kan Eguchi: il protagonista Wataru Ichinose
«Sanctuary» di Kan Eguchi: il protagonista Wataru Ichinose
«Sanctuary» di Kan Eguchi: il protagonista Wataru Ichinose

Diciamolo: le serie e i film a tema sportivo si assomigliano un po’ tutti. Soprattutto quelli costruiti attorno all’inevitabile ascesa del campione di turno. Di solito c’è un atleta tanto promettente quanto problematico che deve superare una serie di ostacoli, che deve risollevarsi da cadute e sconfitte, per arrivare a essere il migliore. È il modello Rocky, imposto da Hollywood fin dai tempi del grande campione Kirk Douglas (era il 1949) e da allora passato attraverso centinaia di variazioni sul tema. E allora perché mai uno dovrebbe perdere tempo a guardare gli otto episodi della prima stagione di «Sanctuary», la serie giapponese sul sumo portata in Italia da Netflix? Primo: perché Kiyoshi, il protagonista, è uno di quei personaggi che non si dimenticano, un istrionico teppista dal cuore gigante. Secondo: perché il sumo, con i suoi 1500 anni di storia, con i suoi riti immutabili, non è uno sport qualunque. Terzo: perché l’ambientazione è talmente accurata e coinvolgente che sembra di sentire l’odore della polvere che si alza dal dohyō (l’equivalente del ring nel pugilato). Non ci credete? Provare per credere. Lu.Ca.

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