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IL CASO

«Jeanne Dielman» è davvero il miglior film di tutti i tempi?

A sorpresa il decennale sondaggio di «Sight and Sound» ha incoronato il film della belga Chantal Akerman. Sul podio della Top 100 «Vertigo» di Hitchcock e «Quarto potere», poi «Viaggio a Tokyo». Rivoluzione critica necessaria o inemendabile scivolone? Il dibattito è più che mai aperto
Delphine Seyrig, protagonista di «Jeanne Dielman». I  risultati completi del sondaggio su www.bfi.org.uk
Delphine Seyrig, protagonista di «Jeanne Dielman». I risultati completi del sondaggio su www.bfi.org.uk
Delphine Seyrig, protagonista di «Jeanne Dielman». I  risultati completi del sondaggio su www.bfi.org.uk
Delphine Seyrig, protagonista di «Jeanne Dielman». I risultati completi del sondaggio su www.bfi.org.uk

Che ci fosse aria di rivoluzione, o addirittura di colpo di stato, lo si era capito fin dall’annuncio che i votanti sarebbero stati il doppio rispetto al 2012, da 600 a 1200, e che la platea dei chiamati alle urna sarebbe stata allargata a una nuova serie di figure professionali e di addetti ai lavori. Come dire: il sondaggio più longevo e autorevole della storia del cinema - lanciato per la prima volta nel 1952 da «Sight and Sound», il braccio critico del British Film Institute - aveva urgente bisogno di una svecchiata. Perché da troppo tempo i soliti noti si palleggiavano le prime posizioni della decennale Top 100 e perché, stringi stringi, di novità clamorose non se ne vedevano da un bel pezzo. Detto, fatto: «Jeanne Dielman, 23, quai du commerce, 1080 Bruxelles» di Chantal Akerman, film del 1975 che in pochi hanno sentito nominare soprattutto in Italia, e che presumibilmente in pochissimi hanno davvero visto dal primo all’ultimo dei 201 minuti di durata, è balzato dal 36esimo al primo posto.

Un terremoto critico che ha sollevato un autentico polverone

Apriti cielo. Terremoto e polemiche. Tra chi ha subito gridato allo scandalo, chi non ha nascosto i dubbi e le perplessità e chi su «Sight and Sound» e sulla sua Top 100 ha deciso di metterci una croce (tra i tanti, un arrabbiato Paul Schrader). Intollerabile che una pellicola di culto patrimonio delle nicchie, venerata per il taglio dichiaratamente femminista e per l’approccio avanguardista, bagni il naso a «Vertigo» di Alfred Hitchcock, che nel 2012 aveva conquistato la vetta dopo una lunghissima rincorsa, all’immancabile «Quarto potere» di Orson Welles, il film che ha cambiato tutto e che ha spalancato le porte della modernità che stiamo ancora vivendo, e a «Viaggio a Tokyo» di Yasujiro Ozu, altro inevitabile e indiscutibile capolavoro. Eppure...

Ma perché all'improvviso è successo tutto questo?

Eppure è andata così. E la vera domanda che viene da porsi, mettendo da parte per un attimo le questioni di ordine estetico, storico e ideologico (ci torneremo più avanti), è come sia stato possibile un terremoto di tale intensità. Proviamo a capirlo. Partendo da alcune notizie di ordine pratico. La prima: come si vota? Ciascun giurato è chiamato a mettere nero su bianco la lista dei suoi dieci film preferiti. Ogni nomination vale un punto, senza priorità o bonus di ordine gerarchico. Che «8½» sia il tuo film da primo posto e «Jeanne Dielman» il titolo da decima posizione non importa: un punto al primo e un punto al secondo. Il che significa che in molti potrebbero aver inserito nelle varie Top 10 la pellicola della Akerman senza comunque credere che si tratti del miglior film di tutti i tempi (e chi mai potrebbe crederlo?).

Il vento è cambiato e l'orientamento generale ne ha risentito

Detto questo, resta da capire come mai in così tanti si siano sentiti in dovere di tirare in ballo «Jeanne Dielman» e le tre ore e passa di cronaca-verità della solitudine di una casalinga disperata, che per mandare avanti la famiglia, dopo aver perso il marito, decide di prostituirsi ricevendo un cliente al giorno tra le mura dell’appartamento citato nel titolo. Domanda cruciale, risposta facile: il vento è cambiato. Lo confermano gli ingressi ai piani altissimi di «Beau Travail» di Claire Denis (addirittura 7°), dei film di Agnes Varda («Cleo dalle 5 alle 7» in 14ª posizione, «La vita è un raccolto» in 67ª), di «Ritratto della giovane in fiamme» di Céline Sciamma (30°, prima di «8½» e dopo «Taxi Driver»), di «Wanda» di Barbara Loden (48°). Le riflessioni e il dibattito sulla storia del cinema ripensata al femminile, recupero benedetto e necessario, hanno lasciato una traccia profonda nelle generazioni di critici e storici cresciuti cinematograficamente al tramonto del patriarcato di stretta ordinanza.

E se la vera rivoluzione fosse un'altra?

Viva la rivoluzione? Più o meno. Che la storia del cinema torni a essere materia viva, scottante, è un bene per tutti. Un solo cruccio: cambiano i nomi, non cambia la regola del gioco. Autrici per autori, in ossequio a un’idea di cinema «alto» che sostanzialmente è la stessa dall’epoca delle spallate neorealiste e della Nouvelle Vague. A quando Spielberg nella Top 10? «Die Hard» o «Arma letale» tra i migliori trenta? «Infernal Affairs» a fianco di «In the Mood for Love»? La vera rivoluzione è un’altra e prima o poi qualcuno si prenderà la briga di guidarla.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Canini
luca.canini@bresciaoggi.it

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