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Sgarbi: «Mostre e niente musei dentro la Basilica»

di Nicoletta Martelletto
Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica

Invitato dalla Fondazione Zoè ad inaugurare la mostra della collezione Targetti, Vittorio Sgarbi sempre informatissimo chiede di visitare prima la supermostra in Basilica e quella nei sotterranei di palazzo Chiericati. La notizia del giorno è che arriva senza sventolone al seguito, col solo autista che raccoglie cataloghi e telefonate. Incredibilmente propenso a parlare d’arte e tuffarsi nei ricordi. Un’ora e mezzo di ritardo ma tant’è, il personaggio è libero da orologi e da schemi. Conosce i quadri della pinacoteca vicentina da quando era ispettore della sovrintendenza ai beni storici e artistici in Veneto: e li riannusa uno ad uno, indovinando gli autori, con a fianco la direttrice Maria Elisa Avagnina che glieli richiama. I sotterranei gli piacciono - «bravo restauratore!» dice all’architetto Emilio Alberti, direttore dei lavori - e tra tutte le tele di paesaggio veneto, l’autoritratto del Dorigny, il chierico in terracotta di Neri Pozza. Anche lui, come una visitatrice, scambia un coprirefrigeratore in metallo brunito per un’opera contemporanea... risate collettive. Vuole vedere l’appartamento Roi, si sofferma sulle foto del marchese con nobili ed imprenditori, riconosce i Nardini. Poi vola scortato da strette di mano e manifestazioni di simpatia, da Avagnina, dall’assessore Lazzari e all’amico pittore Lacasella verso la Basilica Palladiana: dove ci si potrebbero aspettare sfracelli critici, ed invece Vittorio abbraccia, saluta, toglie e mette gli occhiali per far fuoco sulle tavole antiche e sulle tele celebri. Gioca al “conosci chi” e indica Pietro di Cosimo, Cima da Conegliano, «quel Caravaggio che è un falso», ed avanti con la Cena di Emaus di Tintoretto. Si ferma davanti a Velasquez e commenta : «Per spostare un quadro così ci vogliono 80 mila euro». Riparte. Incrocia la troupe di Sereno Variabile, galoppa verso Bonard «più tragico del solito»), definisce un Balthus «bellissimo» al pari di Andrew Wyeth. Conclusione: «Questi quadri Goldin che è mio allievo, li ha scelti perchè sfogliava i cataloghi a casa mia, ne capiva la bellezza». Punto. In tutto 23 minuti di visita. Ma la mostra le è piaciuta o no? Ma certo, come si fa, sono capolavori, certo sono investimenti molto costosi. A parte il titolo balordo, è molto ricca, ci verrà per forza tanta gente La Basilica? Bel restauro, credo di non ricordare nemmeno quando è stata l’ultima votla che sono entrato nel salone. Cosa potrebbe diventare ora questo edificio? È così importante che non può essere un museo permanente. Altrove è accaduto, ma poi nessuno va a vederlo. Se vuole essere visto dentro quanto fuori deve ospitare almeno una grande mostra l’anno. Voglio dire qui non possiamo rifare gli Uffizi... ma pensare ad un museo di storia cittadina con mappe, stampe e altro è una ipotesi meno invitante, senza forza attrattiva. Dunque? Se fai un museo ci porti al massimo 20 mila persone l’anno. Se fai una mostra di questo tipo puoi arrivare a 200 mila visitatori ed anche di più. Alternative? Una grande biblioteca d’arte e d’architettura, magari collegata agli studi del Cisa. Un luogo dove studiare Palladio e qui vederlo per cartas. L’ipotesi di gestire la Basilica e la cultura attraverso una Fondazione? È una via giusta. Questo spazio può anche avere passivi contenuti così, pensiamo che in mano a Goldin Vicenza può ripetere la stessa esperienza di Treviso quando lui era agli inizi. Ha tutte le potenzialità per farlo, senza restare schiacciata tra Venezia e Verona. Non vedo molte altre possibilità, Palladio questo monumento lo ha fatto solo esternamente, facciamo qualcosa perchè si possa animare dentro. Mostre sui pittori vicentini, che so, Maffei o Montagna? Ma sì, ma con quelli fai al massimo 80 mila persone. Più concentrazione curatoriale magari, ma tutto dipende da che risultati si vogliono raggiungere. Per la riapertura... era giusto così. COPYRIGHT

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