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Ritorna il “Prosecco del Ghellino”

Prosecco del Ghellino
Prosecco del Ghellino
Prosecco del Ghellino
Prosecco del Ghellino

Ritorna il “Prosecco del Ghellino” dopo 260 anni. Manuel Fabris, villaverlese appassionato di storia locale, ha provato a riprodurre filologicamente il primo prosecco vicentino di cui si abbia notizia. L'idea gli è nata leggendo “Il Roccolo”, poemetto del 1754 di Aureliano Acanti in cui sono descritti i migliori vini vicentini dell'epoca, scritto in occasione delle nozze della figlia dei conti Ghellini. Nel libro si cita il “melaromatico Prosecco di Monte Berico” e il “Prosecco del Ghellino” prodotto dalla famiglia Ghellini di Villaverla. Questa citazione non solo annovera il prosecco tra gli autoctoni di Vicenza, ma risulta essere anche la più antica testimonianza di questo vino pervenuta. «Ho voluto provare a mettere in bottiglia questo frammento di storia del vicentino» spiega Fabris. «La mia esperienza pratica con il vino si era conclusa con l'infanzia, quando aiutavo i nonni nella vendemmia». Oggi, a 41 anni, si occupa di consulenza aziendale, oltre a essere vicesindaco di Villaverla. Due anni a fa a un convegno ha incontrato Marco De Tomasi, 42 anni, che da venti coltiva con viaggi, assaggi e letture una grande passione per il vino, argomento di cui tratta sul suo blog Vitis. In collaborazione con la Pro Isola organizza serate di degustazione e si occupa della selezione per “ViEni In Villa”, rassegna enologica indipendente che da cinque anni riunisce a villa Branzo Loschi Drago produttori da tutto il nord Italia.
Fabris stava cercando una Cantina vicentina da coinvolgere nel suo progetto, e De Tomasi gli suggerì Davide Vignato. Partito nel 1999 a curare un piccolo appezzamento in regime biologico, nel 2005, a 26 anni, Davide Vignato rileva i dodici ettari dell'azienda familiare di Gambellara coltivati per lo più a garganega, durella e merlot. Oggi la sua Cantina produce circa 7 mila bottiglie ed è in fase di conversione bio. Il suo prosecco nasce in una vigna di undici anni, poco più di mezzo ettaro in località Ronchi. «Per ottenere un prodotto storicamente simile a quello descritto nel “Roccolo” la spumantizzazione con il metodo Charmat sarebbe stata anacronistica - fa notare De Tomasi - perché quel sistema fu inventato alla fine dell'Ottocento». I tre hanno pensato quindi ad un prosecco “col fondo” (o “sur lie”). «Un metodo contadino vecchio di secoli - spiega Davide Vignato - Oggi come ai tempi del “Roccolo” abbiamo imbottigliato il vino ancora un po' dolce, e con i tepori della primavera la fermentazione è ripresa in bottiglia. Così il prosecco diventa vivace, ma anche torbido per via dei lieviti in sospensione». Ne risulta un vino profumato di mela, dal gusto asciutto e sapido, rustico e leggermente frizzante. Dell'annata 2011 sono state prodotte un migliaio di bottiglie. «Una prova riuscita - sottolinea Fabris - E la nuova vendemmia è già alle porte».
Il Prosecco del Ghellino si lega al “Roccolo” anche con l'etichetta, che riproduce una stampa contenuta nell'opera (di cui Fabris possiede peraltro un raro originale) raffigurante Bacco circondato da ninfe e satiri. La stessa confezione è utile ad evocare la storia del vino: oltre a riportare i versi dell'Acanti e alcune note storiche, contiene infatti la riproduzione di una mappa originale raffigurante il roccolo di caccia della famiglia Ghellini.

Elia Cucovaz

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