<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
VIAGGIO TRA LE OPERE IN MOSTRA

"Sentiero di notte", Provenza
vista da Vincent Van Gogh

di MARCO GOLDIN
"Sentiero di notte in Provenza", Vincent Van Gogh (un particolare)
"Sentiero di notte in Provenza", Vincent Van Gogh (un particolare)
"Sentiero di notte in Provenza", Vincent Van Gogh (un particolare)
"Sentiero di notte in Provenza", Vincent Van Gogh (un particolare)

È di una bellezza implacabile, e straziata, il quadro che Vincent van Gogh dipinge a metà maggio del 1890, finendolo poche ore prima di lasciare Saint-Rémy per andare a Parigi a trovare il fratello Théo, sua moglie e conoscere il nipotino nato a febbraio. Il quadro che ho scelto per iniziare questa mia rubrica, che vi terrà compagnia per tre mesi, ogni domenica, e nella quale vi parlerò di alcuni tra i capolavori che comporranno la mostra tanto attesa Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento, forte di 115 opere totali, è questo Sentiero di notte in Provenza, una delle opere più note e più emozionanti di tutto il decennio in cui Van Gogh bruciò la sua vita e il suo talento inarrivabile. E questo quadro lo troverete sull'ultima parete della mostra in Basilica Palladiana, nella tredicesima e conclusiva sala. Lo troverete come segno in cui tutto si raccoglie della notte dipinta e annunciata. Lo sguardo al cielo, alla luna, alle stelle, il giallo di un campo di grano che risplende, il cipresso slanciato tra gli astri, il vivere quotidiano di chi cammina in quella notte. Sentimento della natura e sprofondamento dentro l'anima d'ognuno. Quando la breve misura e l'immenso si sommano, eppure mai confondendosi.
Scrivendo a Gauguin, da Auvers-sur-Oise il 17 giugno di quel 1890, solo quaranta giorni prima del suicidio, Vincent dice, parlando proprio di questo quadro: “Laggiù ho lasciato ancora un cipresso con una stella, un ultimo tentativo – un cielo notturno con la luna tenue, niente più che una gobba sottile che sale dall'ombra scura della terra, una stella con un bagliore eccessivo, per così dire, una dolce luce rosa e verde nel cielo oltremare solcato da nuvole.” Con questa tela meravigliosa, Van Gogh sembra seguire il consiglio di Gauguin, che lo aveva più volte invitato a dipingere anche scene non direttamente con il cavalletto posto davanti al paesaggio, ma piuttosto ricostruire nell'atelier un'immagine derivata dai suoi studi, sia in disegno che in pittura, svolti sul motivo. Con il cuore aperto sul mondo, lacerato, Van Gogh si offre così all'immenso e all'eterno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti