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Quei dieci anni che cambieranno la città

LA VICENZA DEL FUTURO. Vademecum alle principali scelte operate dalla giunta Variati. In dieci anni la città potrebbe raggiungere quota 130 mila abitanti. Si punta alla rinascita di ex industrie e periferie e al rilancio culturale
La planimetria del nuovo stadio a Vicenza est
La planimetria del nuovo stadio a Vicenza est
La planimetria del nuovo stadio a Vicenza est
La planimetria del nuovo stadio a Vicenza est

Su il sipario, va in scena il Pat. La gestazione del Piano di assetto del territorio è durata cinque anni ed transitata attraverso due sindaci e tre assessori all'urbanistica. Approda domani in consiglio comunale la delibera che scolpisce la cornice al cui interno si svilupperà il disegno urbanistico della Vicenza dei prossimi 20 anni. Il programma dei lavori prevede cinque sedute: il 3, 4, 9 e 10 dicembre per la presentazione e la discussione, voto entro venerdì 11 dicembre. La delibera è stata blindata ieri mattina a Venezia, con la firma congiunta di Comune e Regione, vincolati da un accordo di copianificazione. Da una parte il sindaco Achille Variati con il progettista e capo del dipartimento del territorio Antonio Bortoli, dall'altra Vincenzo Fabris, capo della direzione urbanistica della Regione.

IL DECENTRAMENTO. Uno dei principali movimenti verso il futuro riversati nel Pat dalla giunta Variati è un rinnovato policentrismo del capoluogo. Quasi assecondando una vocazione che è di tutta la provincia e in buona parte della regione, il Pat consolida una tendenza che ha preso piede negli ultimi anni: il decentramento dei servizi e delle funzioni eccellenti. In prospettiva, il centro cittadino si amplia, tentando di conquistare nuovi territorio per uscire dalla cinta muraria medievale. Intorno al nuovo teatro di viale Mazzini sorgerà un quartiere fatto di uffici, negozi e residenze che si abbinerà al potenziamento della city bancaria. Volenti o nolenti, l'ex Cotorossi creerà un nuovo spicchio di città a Borgo Berga, ospitando il trasferimento del tribunale. Queste sono carte giocate in passato; gli assi nelle manica del Pat sono la riunificazione degli uffici comunali, destinati (con l'eccezione di palazzo Trissino) a essere ricollocati in via Torino, nell'area dell'ex Domenichelli, nella speranza che l'anagrafe e gli uffici tecnici contribuiscano a cancellare il degrado da una zona che oggi si presenta come refugium peccatorum. Accanto al nuovo municipio, oltre al centro culturale in stile Beaubourg, dovrebbe sorgere anche il nuovo quartier generale di Aim.

CRISI DI IDENTITÀ. Anche lo stadio farà le valigie: destinazione Vicenza est, per lasciare spazio a un rafforzamento della cittadella universitaria, sognando il riconoscimento di Vicenza quale polo della meccatronica. Resta al suo posto l'ospedale, che si allarga verso il seminario, in attesa di rivoluzioni viabilistiche sempre più urgenti. Il centro storico, dunque, si svuota delle grandi istituzioni, per lasciar posto a una rinnovata vocazione residenziale (è il caso del vecchio tribunale a S. Corona) o a strategie di marketing turistico e culturale (è il caso del palazzo degli uffici in piazza Biade o dell'ex Macello), oppure a un mix di abitazioni, negozi, musei, archivi, verde pubblico (è la ricetta per la trasformazione di S. Biagio ridisegnando ex carcere, ex convento e Aim). Riuscirà l'urbanistica nell'impresa di arrestare quella che lo stesso Pat definisce una "crisi di identità" del centro storico?

GIÙ AL NORD. Parallelamente al decentramento, entrerà in funzione un meccanismo basato sull'aspirazione al policentrismo. Di qui passa uno degli slogan da campagna elettorale che cerca di tradursi in azione amministrativa: il recupero dell'identità delle periferie, dei quartieri, delle frazioni. In questo binario si incamminano progetti e accordi pubblico-privato per realizzare piazze (a Bertesina, ad esempio), mini case di riposo (come a Maddalene), piste ciclabili o bretelle scolmatrici, studiate per creare alternative alla grande viabilità che spezza in due zone densamente popolate come Anconetta, Saviabona, Polegge. Ricucire il tessuto urbano è la parola d'ordine. Per farlo vengono annunciati interventi faraonici, di cui ancora non si intravedono le risorse, come l'interramento di viale del Sole, per creare una piazza in superficie tra i villaggi della Produttività e del Sole. La dimensione "micro" dei quartieri, vada come vada, dovrà fare prima o poi i conti con la dimensione "macro" delle grandi opere infrastrutturali che il Pat deve armonizzare con il territorio. La sfida più imponente, collegata alle compensazioni governative per il sacrificio del Dal Molin, è la progettazione e costruzione della tangenziale nord: un'arteria di meno di 10 chilometri ma dai costi stellari, almeno 200 milioni di euro, che dovrà attraversare proprio le frazioni alla ricerca di una nuova identità: Polegge, Saviabona, Anconetta. E forse non è un caso che la proposta di un tracciato definito nei dettagli venga rimandata al Piano degli interventi. Qualunque sia la scelta finale, fermo restando l'impegno solenne assunto dal sindaco Variati sulla realizzabilità dell'opera, la tangenziale nord è una novità di tale portata per l'equilibrio di Vicenza che inevitabilmente sposterà il baricentro di una città che ha fatto leva, per il suo sviluppo, sul corridoio tra la zona monumentale e i colli, da dove passano ferrovia, autostrada e complanare sud. Chiudere l'anello della grande viabilità intorno al capoluogo sposterà i pesi verso il quadrante nord.

TRA GRANDE E PICCOLO. La piccola Vicenza si troverà nel volgere di pochi anni a dibattersi nel ganglio di una trasformazione infrastrutturale su vasta scala: Pedemontana veneta ai blocchi di partenza, Valdastico sud già cantierizzata, Valdastico nord almeno nei pensieri. Il Pat prova a misurarsi con questo particolare momento storico, gravido di numerose incognite, come il passaggio dell'Alta velocità attraverso il potenziamento della linea storica Milano-Venezia. La giunta Variati si aggrappa a quanto fin qui deliberato, disposta a rinunciare, nella fase iniziale, alla stazione sotterranea, pur di non perdere il super-treno. Il nodo della stazione rappresenta un crocevia strategico nelle mappe comunali, candidato a diventare la piattaforma di raccordo della mobilità pubblica: non solo treni, autobus e corriere, ma anche il filobus immaginato da Ponte Alto a Ca' Balbi. Non è un caso, allora, se il Pat suggerisce uno sfogo verso sud della stazione, con l'apertura di un nuovo portale su viale Fusinato, che dovrà essere dotato di parcheggi e servizi. Da quelle parti si innesterà anche la nuova viabilità sud, imbastita, se e quando sarà imbastita, sotto Monte Berico, per agganciare la Riviera Berica a S. Agostino e alla zona industriale ovest.

QUOTA 130 MILA. Questa, però, è una città da vivere, non solo da percorrere. A più riprese la relazione introduttiva al Pat si pone l'obiettivo di migliorare la qualità della vita attraverso uno sviluppo sostenibile: traguardi ambiziosi che pertengono a processi a 360°. Il Pat, allora, non può essere solo urbanistica, perché nel pentolone ci finiscono anche economia, sicurezza, ecologia, tempo libero, welfare. Potenzialmente il Piano ha una capienza che può salire fino a quota 135 mila abitanti.

Realisticamente, Variati crede in una crescita della popolazione, oggi assestata intorno ai 115 mila abitanti, fino a quota 130 mila nel prossimo decennio. Sono in arrivo altri 15 mila vicentini. Dove troveranno posto? Innanzitutto nelle aree un tempo produttive. All'ex Zambon, ad esempio, o all'ex Lanerossi: riconvertire e riqualificare i "pieni" per conservare i "vuoti". Complice la crisi economica, la compagine variatiana può pianificare un Pat conservativo. Ciononostante nel computo dello sviluppo programmato va anche considerata una quota di "consumo" di superficie agricola: più o meno 300 mila metri quadrati, una torta tagliata in piccole e grandi fette, alcune molto grandi come il nuovo stadio o il nuovo arsenale ferroviario. Non occorre essere degli indovini per prevedere che buona parte del dibattito in aula sbatterà contro i "pieni" e i "vuoti", ballando tra le grandi opere e i piccoli proprietari aggrappati alla chimera dei Bid, il bando degli interessi diffusi, una saponetta pronta a rendere scivoloso il terreno del Pat.

Servizio di Gian Marco Mancassola

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