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VIAGGIO TRA LE OPERE IN MOSTRA

Misteri e profumi. Così il
Giorgione dipinge la notte

di MARCO GOLDIN
"Doppio ritratto", Giorgione (un particolare)
"Doppio ritratto", Giorgione (un particolare)
"Doppio ritratto", Giorgione (un particolare)
"Doppio ritratto", Giorgione (un particolare)

Si può certamente parlare di un mistero nella pittura di Giorgione, e già il Vasari, anche se non aveva il prontuario critico per risolverlo, accennò al chiaroscuro leonardesco. Leonardo, che è a Venezia nei primi mesi del 1500, crea quella luce diffusa nell'atmosfera, e quasi in essa disciolta, che è l'attributo fondamentale per la pittura notturna, e quel drappo esile di notte, nel meraviglioso Doppio ritratto di Giorgione che sarà esposto a Vicenza, lo dice con sublime chiarezza. E qui, come in molti altri suoi dipinti, l'elemento caratterizzante è l'ombra, un'ombra che nasce all'interno dello spazio pittorico e non giunge da un altrove. È così che noi sentiamo in Giorgione una profondità, che si manifesta per un rapporto diverso tra quell'ombra e la luce. E se questo è vero, sentiamo anche che in lui il colore, parco eppure sontuoso, non si dà come superficie ma è trama della profondità stessa. Ancora una volta, quella finestra che si affaccia sulla notte misteriosa, una notte dello spirito, ne è conferma. Essa dà il senso dell'infinito e il colore di quella luce più lontana trae forza fino alla vicinanza dell'oro della manica. Sillaba di colore che si sospende, alzandosi d'improvviso, dal piano dell'ombra. E quest'ombra sembra governare anche gli sguardi dei personaggi, la loro malinconia così bene espressa davanti alla notte. Del resto tra la visita di Leonardo a Venezia del 1500, e il 1503 che è la data probabile del Doppio ritratto, Giorgione è affaccendato attorno ad alcune figure ritratte di busto, nelle quali può esprimere, facendo ricorso alla presa di coscienza neo-platonica, la vita interiore dei personaggi rappresentati. Dentro quella strabiliante espressività dei lumi che quasi sembrano anticipare il luminismo caravaggesco. Ma il clima neo-platonico, e una idealizzazione che può nascere dai temi contenuti negli Asolani di Bembo, stampati nel 1505 ma scritti tra 1497 e 1502, allontana questi ritratti giorgioneschi da quelli, improntati a un più schietto realismo, di Antonello e Giovanni Bellini. In Giorgione la notte profuma, si sospende, galleggia, crea un mistero che resterà ineguagliato.
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