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DAVIDE RIGON

«Io, tra gli ultimi  a partire, in reparto sono cresciuto»

Davide Rigon fu tra gli ultimi  vicentini a partire per la naja
Davide Rigon fu tra gli ultimi vicentini a partire per la naja
Davide Rigon fu tra gli ultimi  vicentini a partire per la naja
Davide Rigon fu tra gli ultimi vicentini a partire per la naja

Sono trascorsi dieci anni dal congedo, ma Davide Rigon, classe 1983, tra gli ultimi a partire per il servizio militare obbligatorio, ogni volta che ripensa alla leva sorride. Per capirne il motivo, bisogna fare un passo indietro. Quando, nel 2001, gli fu recapitata la cartolina che lo invitava a presentarsi all'ospedale militare di Verona per la visita medica d'idoneità al servizio militare «fu una tragicommedia», ricorda oggi.
Perché?
Mi sottoposi alla visita l'11 settembre del 2001, lo stesso giorno dell'attentato alle Torri gemelle a New York. All'ospedale militare le notizie erano confuse. Gli smartphone non esistevano, e medici e personale sanitario sembravano troppo indaffarati per rispondere alle domande. Tant'è. Fui dichiarato idoneo e quando tornai a casa, a Sandrigo, trovai i miei genitori terrorizzati. In quei momenti convulsi sembrava che la mobilitazione dell'esercito fosse imminente. Poi si scoprì che le autorità avevano “solo" dichiarato uno stato d'allerta più alto rispetto al consueto.
L'anno dopo sei stato arruolato, uno degli ultimi della tua generazione
C'è chi l'ha vista come una sfortuna, io no. Anzi. Il servizio civile non l'ho nemmeno preso in considerazione, non ero proprio entusiasta di trascorrere dieci, dodici mesi, a fare il “galoppino" in qualche biblioteca o in qualche altro ente pubblico. Una volta dichiarato idoneo, quindi, o partivo volontario con la possibilità di impiego all'estero, o aspettavo la chiamata di leva.
Dove ti hanno mandato?
A Belluno, ma prima ancora a Merano, negli alpini, al corso di addestramento reclute. Già arrivarci fu un'avventura. Tre treni, un viaggio infinito insieme a decine di ragazzi provenienti da tutto il Paese.
Cosa vi aspettava?
L'impatto fu scioccante. Il vero trauma consiste denl'essere costretto a obbedire agli ordini, spesso gridati e accompagnati da una serie infinita d'imprecazioni. È una cosa innaturale per chi è abituato a vivere in famiglia. La vita militare è fatta di obblighi, formalità e sacrifici.
Molti consideravano il servizio di leva una perdita di tempo
Sbagliano. Forse era l'aspetto più democratico della vita del Paese. Dentro la divisa non esistevano laureati, operai, raccomandati, agricoltori, disoccupati. E tutti eravamo impiegati negli stessi servizi, anche i più umili, come la pulizia dei bagni. In più c'erano gli incarichi di responsabilità.
Di che tipo?
La guida dei veicoli militari, per esempio. Immaginatevi un ragazzo di 19 o 20 anni che guida un pullman o un Acm (mezzo destinato al trasporto truppa, ndr), con a bordo decine di commilitoni. La naia alla fine è un'esperienza che aiuta a maturare.
Come?
Il reparto è una comunità. Si vive insieme, s'impara a conoscere le persone, di chi ci si può fidare, di chi no.
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