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UNA VITA PER L'ARMA

L'ultimo detective lascia la procura

Ha condotto migliaia di indagini senza tecnologia. E con il sorriso
Il luogotenente Lorenzo Barichello nel suo ufficio in procura
Il luogotenente Lorenzo Barichello nel suo ufficio in procura
Il luogotenente Lorenzo Barichello nel suo ufficio in procura
Il luogotenente Lorenzo Barichello nel suo ufficio in procura

È stato corazziere del presidente della Repubblica Giovanni Leone, ha collaborato a fianco di 6 procuratori, ha arrestato centinaia di persone coordinando migliaia di indagini. Ed ora, «l'ultimo investigatore di una volta», come molti lo hanno definito, saluta. Dopo 40 anni da carabiniere e 36 anni in procura, nei giorni scorsi è andato in pensione il luogotenente Lorenzo Barichello, trevigiano, 57 anni, sposato e padre di due figli, storico comandante della sezione dell'Arma a palazzo di giustizia. E lo ha fatto senza clamori, nel suo stile: in silenzio. A parlare solo il sorriso.
Comandante, non le dispiace lasciare?
No, perchè dopo 40 anni era giunto il momento. Quando mi sono arruolato, a 17, ero convinto di salvare il mondo. La mia parte l'ho fatta.
È arrivato a Vicenza alla fine degli anni '70. Com'era la realtà della provincia berica allora?
Sono arrivato vicebrigadiere e ho avuto uno straordinario maestro nel maresciallo De Luca, che mi lasciò l'incarico nel '97. Allora Vicenza era nel pieno del boom economico. La procura si occupava di sequestri di persona, rapine agli orafi... Era una società molto più cruenta di quella di oggi.
Il panorama criminale è cambiato negli anni Novanta.
Sì, perchè con la guerra nei Balcani c'è stata la prima grande ondata di immigrati, che ha portato anche da noi la prostituzione dell'Est, fiumi di droga e armi. Quelli furono pure gli anni di Tangentopoli...
...Che non sono mai finiti, a leggere le cronache di oggi.
Il fenomeno da allora si è espanso. Oggi la situazione della corruzione è peggiorata. Si ruba anche poco, per arricchirsi. Le indagini sulla pubblica amministrazione hanno dimostrato che a Vicenza ci sono interessi economici enormi, talora in grado di condizionare il potere politico. La terza provincia industriale d'Italia ha visto l'aumento dei reati dei colletti bianchi, e anche la corruzione.
E com'è cambiato il contrasto al crimine in questi decenni?
Detto che ogni procuratore ha il suo stile e i suoi obiettivi (Barichello ha lavorato con Francesco Biancardi, Fernando Canilli, Gianfranco Candiani, Antonio Fojadelli, Ivano Nelson Salvarani e ora, dopo la parentesi di Paolo Pecori, con Antonino Cappelleri, ndr), il tratto comune è che il legame fra la magistratura e la città è stretto e funziona. Il tessuto sociale è sanissimo. Oggi però si sono raffinate le tecniche criminali, è più difficile indagare.
Oggi si usa molto la tecnologia, dalle intercettazioni telefoniche a quelle ambientali.
Si, forse troppa. Sono convinto che manchi l'indagine sul campo, la tecnologia da sola non basta. È per questo che mi sento un detective di una volta. Ricordo con soddisfazione, fra le tante inchieste, la liberazione di Carlo Celadon. Sono finiti i nostri tempi, come è successo a Cordero di Montezemolo. Lo dico da ferrarista...
Se ne va con la stessa liquidazione?
No, a me danno molto di più.
Che cosa farà ora il cittadino Barichello?
Basta lavorare, mi diverto. Ho in programma il giro del mondo in bici: per i prossimi 40 anni sono impegnatissimo. Forse, per i successivi, ho ancora qualche casella libera... D.N.

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