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L'intervento. Secondo il curatore dell’esposizione in Basilica un successo
da solo non basta a fare risultato

Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica

I numeri non dicono tutto, ma sicuramente aiutano a comporre una riflessione. Anche quando, come nel nostro caso, tolgono il velo su una curiosità, e su un'attesa, che erano legittime. Lunedì 15 ottobre, allo scoccare del decimo giorno di apertura, la mostra "Raffaello verso Picasso" in Basilica Palladiana aveva totalizzato 20.228 visitatori, dunque con una media già di 2000 ingressi al giorno. La punta più alta si è finora registrata domenica 14 ottobre, con 3416 visitatori. Numeri che pongono Vicenza in diretta competizione, forse per la prima volta, con le grandi capitali dell'arte in Italia: Milano con la grande mostra monografica dedicata a Picasso, Roma con quella su Vermeer e l'arte olandese del Seicento, Venezia con la Biennale architettura. Si può dire come tutto ciò non fosse scontato, dati i tempi difficili dell'economia e le titubanze della gente a spendere soldi per spostarsi. Tanto più per motivi di carattere culturale, che passano certamente in secondo piano quando le esigenze sono altre. Ma il lungo lavoro di accompagnamento, svolto negli ultimi quindici mesi, orientato sempre avendo davanti la stella polare della riapertura della Basilica, ha generato frutti positivi. Vicenza mano a mano è diventato un nome che ha cominciato a circolare nella mente di tante persone in Italia, avendo io provato a costruire il senso dell'attesa e della irrinunciabilità della visita. Se ho imparato qualcosa in tanti anni di lavoro su questi temi, è che proprio dal senso dell'attesa nasce il sentimento della meraviglia, e queste due cose insieme fanno scoccare la scintilla del desiderio. Ed è il desiderio che ci fa levare e muovere verso una meta, a questo punto a lungo immaginata. La mostra ovviamente ha avuto un ruolo determinante. E soprattutto l'impressione, straordinariamente positiva, che sta generando in coloro che la visitano. Quando al senso dell'attesa si unisce la realizzazione di un'esperienza, quando insomma alle promesse seguono i fatti, quello è il momento fondamentale dal quale ripartire per costruire altro nel segno della bellezza. Perché sta davanti agli occhi di tutti: ciò che non cede, o cede molto meno, in questo tempo difficile, è la richiesta, e più ancora la necessità, di godere della bellezza. Si può rinunciare a molto, ma non si può rinunciare a tutto. La bellezza, nel segno dell'armonia, è un elemento costitutivo della vita e sentiamo come questa forza prema dentro ognuno di noi. E siamo portati al desiderio di incontrarla, perché essa sia cibo per l'anima. Vicenza è città colma di bellezza. Forse finora non ha saputo valorizzare al meglio i suoi tesori, e, lo vorrei sottolineare, una misura armonica degli spazi urbani che ha naturalmente Palladio al suo centro. Il nodo, il fulcro attorno a cui ruotare. Le tante persone con cui ho dialogato, incontrandole in mostra - gente arrivata già nei primi dieci giorni da oltre sessanta province italiane e da alcune nazioni estere - hanno manifestato, tutte, una prima osservazione meravigliata: ma perché Vicenza, così incredibilmente bella come ci appare, finora non ci era stata consegnata come importante, e imperdibile, destinazione del turismo culturale? E io aggiungo: non so quante altre città possiedano il tessuto urbano che Vicenza raccoglie nel suo centro storico. Città salotto che sembra fatta apposta per attrarre turisti e visitatori. Ma ormai lo sappiamo: i grandi eventi temporanei aiutano, sono fondamentali. Poetico grimaldello per scardinare una indifferenza, per togliere la patina della genericità. Anche i più importanti musei del mondo, ormai da tempo, puntano su eventi temporanei per garantire ricambio di visitatori alle collezioni permanenti, che altrimenti darebbero il senso di una staticità che gli uomini e le donne del nostro tempo non vogliono. Vicenza sta dimostrando come si possa unire, in un circolo virtuoso, una grande mostra che ha un suo tempo di conclusione e tutto ciò che è patrimonio permanente della città. Ciò che rimane, e la sua conoscenza, resteranno nella sensibilità e negli occhi dei visitatori passati da Vicenza. Che potranno tornare. Quello che non va fatto, è abbandonare un progetto così, costituito a più voci. Serve la distensione nel tempo, per consolidare il ruolo di Vicenza nel campo del turismo d'arte. Un successo da solo non fa risultato. E soprattutto, non concepisce la prospettiva aperta verso il futuro. * Curatore della mostra “Raffaello verso Picasso” Marco Goldin*

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