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«L'assassino è nelle carte Ci fu un depistaggio»

Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni

«I processi a Raniero Busco? Occasioni sprecate. Eppure il nome dell'assassino di Simonetta Cesaroni è lì, nel fascicolo». Non ha dubbi Raffaella Fanelli, giornalista investigativa, amica di Raniero e della moglie Roberta Milletarì, con cui ha scritto il libro “Al di là di ogni ragionevole dubbio. Il delitto di via Poma”. «La sfilata in dibattimento di tutte le persone coinvolte a vario titolo nel caso avrebbe dovuto indurre i magistrati a porre domande e a pretendere risposte sulla fine di Simonetta», sottolinea Fanelli. «Troppi i “non ricordo” per non incalzare i testi. Eppure l'omicida l'avevano davanti. Hanno invece preferito ignorare colpevolmente la traccia di sangue lasciata dall'assassino sul telefono dell'ufficio e sulla porta d'ingresso: sangue del gruppo A, che non è quello di Busco». La verità potrebbe essere tutta in quella luce lunare che, a detta di Salvatore Volponi, allora datore di lavoro di Simonetta Cesaroni, gli avrebbe consentito, come per miracolo, di vedere al buio il corpo della povera ragazza uccisa, disteso per terra nell'appartamento dell'Associazione italiana alberghi della gioventù, quella notte di agosto del 1990. Una luce lunare che apre, a chi vuole davvero investigare, nuovi scenari sul palcoscenico del delitto di via Poma. Sono gli scenari in cui uomini legati ai servizi segreti si muovono con disinvoltura nel mettere in scena il delitto e nel depistare. Adesso Raniero Busco è libero da un macigno che l'ha schiacciato per anni. «Questa vicenda», spiega Raffaella Fanelli, che era vicina ai Busco alla lettura della sentenza, «è costata tantissimo all'ex fidanzato di Simonetta, alla moglie e a tutta la loro famiglia, sia in termini umani che economici. Si sono dovuti indebitare per pagare le spese legali. Per cinque anni non hanno vissuto; e solo adesso possono tornare a respirare». «Quello che lascia stupefatti e increduli», fa notare la giornalista, nota per aver seguito i più clamorosi casi di cronaca nera, «è che, nonostante la superperizia in appello abbia scagionato Busco, i periti del processo di primo grado continuano a sostenere le loro idee sulla colpevolezza di Raniero. Purtroppo, con loro le sostengono anche i magistrati dell'accusa, che vogliono ricorrere in Cassazione».

Maurizio Corte

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