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Jacopo, arte nella realtà

EVENTI. S'inaugura domani a Bassano la mostra dedicata al pittore nel cinquecentenario della nascita. Il suo singolare e inedito naturalismo, superbo nella celebre tela dei bracchi, ne ha fatto la fortuna a Venezia e lo ha consegnato alla storia
Jacopo da Bassano, Adorazione dei Magi
Jacopo da Bassano, Adorazione dei Magi
Jacopo da Bassano, Adorazione dei Magi
Jacopo da Bassano, Adorazione dei Magi

Nel Libro Secondo - l'unico superstite - della famiglia di artisti bassanesi dal Ponte "di dare, ed avere per Pitture fatte", il pittore Jacopo Bassano registra l'ultimo di ottobre del 1548 un ordine del "magnifico misier Antonio Zentani" in cui si impegna a fornire "per pretio di lire quindese de marchà", un piccolo quadro "de due brachi, cioè cani solom". L'accordo "di marcà" (di mercato) viene stipulato tramite un intermediario in Cittadella ad una quindicina di chilometri a sud, sulla strada per Padova. Non sappiamo se il committente, patrizio veneziano membro del Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia, avesse possedimenti nel cittadellese, se amasse la campagna o la caccia al punto da volere un "ritratto" di soli bracchi da un pittore ormai talmente noto da aver assunto il nome dalla città natale . Ipotizzabile invece che chi amava a tal punto gli animali da volerne un ritratto pittorico trovasse in Bassano un artista che eccelleva nella raffigurazione zoologica della fauna domestica e rustica della sua terra, per una scelta che lo avrebbe contraddistinto in modo inequivocabile nel panorama della pittura veneziana e veneta contemporanea.

I BRACCHI DI CITTADELLA. Due cani, solamente, quindi; legati ad un tronco d'albero; da soli nel paesaggio, senza alcuna presenza di uomini. Un tipo di dipinto che una quindicina d'anni dopo avrebbe fatto arricciare il naso al pittore aretino, notissimo biografo d'artisti e massimo esponente della Maniera centro-italiana, Giorgio Vasari. Giunto a Venezia per raccogliere nuove notizie in vista della riedizione delle sue Vite (1568) egli non poté fare a meno di notare "a margine" - e con il "malcelato disgusto" di un rinascimentale umanista ad oltranza che propugnava anche in arte la centralità indiscutibile e intoccabile della figura umana- di aver visto "da Iacopo da Bassano pittore un quadro che è molto bello sì come sono anco molte altre opere di esso Bassano che sono sparse per Vinezia e tenute in buon pregio e massimamente per cose piccole et animali di tutte le sorti". Cose piccole, dunque, e animali, anch'essi piccola cosa di fronte all'uomo. Ma questa è l'opzione di Jacopo dal Ponte il cui singolare naturalismo sarebbe stato tosto apprezzato nella città dell'acqua e massima capitale del Cinquecento europeo, quasi come una sorte di esotismo per chi vive sul mare in un grande centro urbano di sole abitazioni e di persone.
Quando nel 1992 il Museo civico della città di Jacopo Bassano gli dedicò una imponente mostra, ben degna della sua pittura, il suo nome non compariva in nessuno dei titoli monografici delle grandi collane di "Classici dell'arte" . A quella data persino il più importante museo del mondo, il Louvre, possedeva un buon numero di opere di qualità del cosiddetto "bassanismo", fenomeno pittorico tardo, nato dalla diffusione e ripetizione dei temi del vecchio padre da parte dei figli e della bottega, sotto la guida del Maestro; ma neppure uno dei grandi capolavori della maturità, pur presenti in tutte le collezioni museali europee e statunitensi. Il Louvre provvide subito, e alla grande, a ratificare il successo "irreversibile", critico e storiografico, di Jacopo, documentato e acquisito dalla mostra bassanese, comperando sul mercato antiquario, e a prezzo stellare (le "lire quindeze de marchà" erano diventate l'equivalente di 3miliardi e 200milioni delle lire italiane di allora!), proprio i due cani "di Cittadella" . Il piccolo quadro fu presentato subito nella sala del rinascimento italiano, dominato dalla Gioconda leonardesca, sulla parete a lato di quella di fondo dove allora era esposta l'enorme Cena di Paolo Veronese, in un accostamento quasi metaforico che dimostrava come il "piccolo" aveva finalmente conquistato la posizione che gli competeva. In coincidenza giungeva a Vicenza, a palazzo Thiene sede della Banca Popolare, il piccolo grande capolavoro della Madonna, detta Spencer dalla celebre famiglia britannica di provenienza, che sarà esposta alla imminente mostra bassanese; il suo prezzo, più che normale, per fortuna era già stato pattuito prima della levitazione di mercato, provocato dall'acquisto parigino dei due cani.

RIVALITÀ VENEZIANE. Un recentissimo, memorabile evento espositivo (settembre 2009 - gennaio 2010) sempre al Louvre di Parigi ha ben documento la situazione artistica delle "rivalités" a Venezia di metà Cinquecento tra "Titien, Tintoret, Véronèse…" Dove i puntini vanno riempiti con il nome di Bassano, al quale in mostra, sala dopo sala, per far "quadrare" le somme, viene dato ampiamente lo spazio che si merita e gli compete, anche se come "voce solista". In quel contesto, memorabile resterà la saletta con il confronto tra i bracchi "realistici" di Cittadella e quelli "bassanesi" degli Uffizi (con sullo sfondo la città murata del Grappa ) dello stesso Jacopo, esposti accanto al drammatico quadro di Tiziano con la cagna che allatta e il grande cane maschio che protegge un misterioso bambino.
Quarto della serie una stupenda coppia di setter "moschini" bianchi e neri, tenuti al guinzaglio da un amorino alato quasi fossero animali mitici e olimpici. Tre modi diversi di vedere e rappresentare la realtà da parte di tre sommi del Rinascimento. L'ultima parte della mostra ben illustrava la fase finale, diversissima, dell'arte di Jacopo, almeno a partire dal 1568, data del Presepe di S. Giuseppe (1568), ora nel Museo di Bassano. In quest'opera, in una registica luce, fortemente orientata, l'apparizione in una pala da altare del fondoschiena e delle piante callose dei piedi nudi del pastore dovette apparire sconvolgente come fondale dell'elevazione dell'ostia consacrata durante una messa. Questa tappa del realismo bassanesco, con flusso parallelo e sotterraneo al naturalismo di partenza, erompe qui con una forza senza ritorno, non certo sfuggita, anche nella sua componente sociale "senza convenzioni", al "lombardo" Caravaggio, insieme a quei lumi improvvisi nell'oscurità, anticipatori della teoria fisico alchemica della nigredo, in cui il buio è qualità attiva della luce che non la nega, ma la potenzia e la valorizza, consentendo a fine secolo ai galileiani di non temere di scrutare le stelle nella notte.

IL BASSANISMO. Negli ultimi anni la pittura del Bassano cambia ancora evolvendo nel fenomeno a tutti noto del "bassanismo", cui dà contributo determinante il dotatissimo figlio Francesco jr, nato nel '47, presto affiancato dai fratelli Gerolamo, Giambattista e Leandro. Gerolamo abbandona gli studi di medicina all'università di Padova verso il 1589, quando già Francesco e Leandro si erano trasferiti con una loro bottega a Venezia. Egli viene richiamato dal padre proprio a contribuire a questa vera e propria industria di produzione delle "figure" che prospererà tra figli e nipoti fino alla metà del Seicento. Gerolamo si porterà dietro questa esperienza "scientifica" verso il cui metodo il padre Jacopo era tanto disposto. Compaiono così nei quadri del bassanismo, dalle Cacciate dei mercanti dal Tempio, dalle Cene del ricco Epulone, da quelle di Gesù in casa di Marta e Maria, i primi animali morti e anche squartati: polli, anatre, lepri, conigli, vitelli. Nei Mercati, queste crude apparizioni vanno aumentando con una aspra verità che va oltre il realismo stesso per anticipare un grande del Seicento come Rembrandt . Queste "macellerie" esibiscono chirurgicamente le anatomie interne, come sarebbe avvenuto tra poco coi cadaveri umani nel Teatro Anatomico della facoltà di medicina di Padova. Tali composizioni sono ben lontane dall'integrità "classica" esteriore, percepibile in interezza di vita e fisionomia, degli animali di una carriera trascorsa come i Cani del Louvre che vedremo alla mostra bassanese , dipinti nella pienezza di un Rinascimento naturalistico destinato ad inchinarsi ben presto ai diritti inesorabili della scienza moderna.

Fernando Rigon

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