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Fini: «Alle imprese serve più Europa. Stop demagogia»

IL TOUR IN CITTÀ. Il presidente della Camera sostiene il professore. Il leader di Fli: «Io cacciato da Berlusconi quando ho detto basta alle porcherie sulla legalità». Il nodo alleanze: «Solo su punti specifici dell'agenda Monti»
Gianfranco Fini, leader di Futuro e libert&#224;, con il deputato vicentino Giorgio Conte.  COLORFOTO ARTIGIANA
Gianfranco Fini, leader di Futuro e libert&#224;, con il deputato vicentino Giorgio Conte. COLORFOTO ARTIGIANA
Gianfranco Fini, leader di Futuro e libert&#224;, con il deputato vicentino Giorgio Conte.  COLORFOTO ARTIGIANA
Gianfranco Fini, leader di Futuro e libert&#224;, con il deputato vicentino Giorgio Conte. COLORFOTO ARTIGIANA

«L'Italia ha una nuova storia da scrivere», dice Gianfranco Fini, guardando alle urne del 24 e 25 febbraio. Ma prima di provare a vergare la pagina bianca, il leader di Futuro e libertà e presidente uscente della Camera dei deputati dà uno sguardo all'indietro, al capitolo precedente: «Vorrei ricordare come andarono le cose, tra me e il Pdl - premette Fini, ieri a Vicenza per il suo tour elettorale -. Non sono stato io ad andarmene, sono stato messo alla porta da Berlusconi». E ricorda: «La rottura fu sul tema della legalità: quando Berlusconi fece votare il Parlamento sulla richiesta che il processo Ruby si svolgesse al Tribunale dei ministri, sostenendo che la signorina era la nipote di Mubarak, la misura per me era colma. A stare zitti si diventa complici delle porcherie».
Per quello strappo Fini fu accusato di tradimento dai berlusconiani. Per quello strappo oggi è leader di un partito che deve superare il 2% per approdare in Parlamento. Lui afferma di «non avere timore», e aggiunge: «Berlusconi dice di me “chi gliel'ha fatto fare”: è lì la differenza, lui fa tutto per interesse personale, io no».
«PIÙ EUROPA». Fin qui il preambolo, per Fini «necessario» perché la nuova storia deve poggiare su basi di «verità, memoria e non di demagogia». Poi c'è la «storia», appunto, che il leader di Fli punta a scrivere: «Una stagione di riforme per il Paese» nella coalizione con Mario Monti e l'Udc, dove egli vorrebbe portare il contributo di «una vera destra europea».
Che è il presidente uscente della Camera dei deputati lo si capisce dalla scorta che lo accompagna e dallo spiegamento di forze dell'ordine. L'incontro di Fini con Giorgio Conte, deputato e ricandidato alla Camera, e con gli altri vicentini candidati nella lista di Fli avviene nella sede di Pantere Servizi, in via Crispi, dove alla fine si ferma a parlare di sicurezza. Se quella di Monti è la “coalizione dei moderati”, Fini ne incarna - e non da ieri - anche il linguagg io. Se il centrodestra tocca la corda dell'euroscetticismo, Fini intona la musica opposta: «Gli imprenditori ci dicono che in Carinzia o in Slovenia ci sono meno burocrazia, defiscalizzazione degli investimenti, agevolazioni, e hanno ragione. Ma la risposta, per il loro interesse e del Paese, non è la fuga dall'euro, ma “più Europa” e più integrazione economica e fiscale».
«STOP DEMAGOGIA». Il filo conduttore è «basta populismi, serve serietà». Anche sulle promesse in materia di tasse. «Rimborsare l'Imu? Intanto ricordo che il Pdl l'ha votata, quell'imposta. E comunque è solo una sparata, non ho trovato ancora un economista che dica che è fattibile». Fini ricorda che l'Imu «nasceva in una fase di emergenza di cui il governo Monti si è fatto carico, con serietà: può essere riformata, con attenzione a giovani coppie e pensionati e con una radicale riforma del catasto; il resto sono illusioni che fanno male all'Italia». È in quest'ottica che vanno visti, dice, i riflessi negativi sui mercati internazionali: «È il segno della globalizzazione, la credibilità di un Paese è importante». E aggiunge: «Gli italiani sono preoccupati? Hanno ragione ma la soluzione non è il voto di protesta a Grillo: lui è il termometro che misura la febbre, ma governare è un'altra cosa», Per Fini «basta chiedere ai cittadini di Parma cosa pensano oggi del loro sindaco: la maggior parte di loro si è già pentita».
PRIORITÀ E (NON) ALLEANZE. Le riforme fattibili, secondo Fini, sono quelle che solleticano poco la pancia e hanno bisogno di un po' di tempo. «Bisogna ridurre il cuneo fiscale, snellire la burocrazia e agire sulla flessibilità del mercato del lavoro». Quanto alle alleanze post-voto, chi intravvedesse nel Fini-pensiero una mano tesa a Bersani e al Pd si sbaglia. «Non ci alleiamo con Bersani-Vendola né con Berlusconi-Lega, altrimenti lo avremmo fatto prima del voto». Fini ambisce, con la coalizione di Monti, a dettare l'agenda del dopo-voto: «Se qualcuno dovesse chiederci di partecipare a un patto di governo - spiega - lo faremmo sulla base della condivisione di una serie di punti precisi della nostra agenda». Infine un'altra stoccata bipartisan: «Dall'osservatorio privilegiato di presidente della Camera posso dire che, al di là delle dichiarazioni, Pdl e Pd in cuor loro pensavano fosse utile per i loro interessi tornare a votare con questa legge elettorale».
Prima dei saluti, una giovane marocchina nata in Italia gli sottopone il tema dei diritti della “seconda generazione” di immigrati. L'occasione per Fini per precisare la sua posizione: «Unbambino che frequenta in Italia l'intero ciclo delle elementari ha diritto a essere italiano, perché di fatto lo è già».
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Marco Scorzato

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