<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Appello di Confartigianato

«Superbonus: speculazioni sui materiali, senza proroga imprese a rischio perdite»

«Altro che superbonus 110%: con ciò che sta succedendo a livello di speculazione rischia di diventare un “bonus-100” e forse 90. E il Governo che sventola la cifra di 5,7 miliardi di investimenti già mossi con la legge, con un costo di 6,25 miliardi per le casse pubbliche e quindi per ognuno di noi, sta facendo in realtà un’operazione di facciata. Nel senso letterale della parola, perché approfondendo la cifra ci siamo resi conto che otto interventi su dieci sono quelli del “bonus facciate”: quelli più semplici. Peccato che non portino certo a un drastico calo del consumo energetico degli edifici e della bolletta. Il che significa che l’obiettivo della legge non è affatto centrato». È un messaggio molto duro, anche se detto con toni pacati, quello del presidente Gianluca Cavion di Confartigianato Vicenza.

 

SERVE LA PROROGA. «Intendiamoci: non siamo certo contro il Superbonus», spazza via gli equivoci Cavion. Sa che le imprese artigiane sono stracariche di lavoro grazie a questa novità normativa. «Quello che non va sono i tempi dettati dalla legge». La scadenza delle super-agevolazioni al giugno dell’anno prossimo (e a dicembre per i condomini) sta infatti scatenando effetti deleteri. «C’è una speculazione in atto: i costi dei materiali sono schizzati verso l’alto in modo sconsiderato. Il legno, solo per fare un esempio, è passato da 400 euro al metro cubo a 1400. E si possono citare acciaio, plastiche, isolanti». In più «le aziende e le maestranze sono quelle, non possono raddoppiare la capacità di lavoro. E di certo pur avendo molti lavori non vanno ad assumere altra gente sapendo che comunque tutto finisce tra 9 mesi. In più si è perso un anno su 2» perché le procedure definitive da seguire ad esempio in caso di irregolarità da sanare in Comune, presentando la Cila, sono uscite solo un mese fa

 

«WHATEVER IT TAKES». Una soluzione però c’è, ed è semplice: «Chiediamo di prorogare per almeno 2 anni il meccanismo del Superbonus. È il minimo». Il discorso è semplice: aver concentrato il Superbonus in una dozzina di mesi ha spinto chi ha le materie prime essenziali per i cantieri a far schizzare in alto i prezzi, vista l’enorme domanda e la necessità di fare presto. Non solo: ha favorito i “colossi” che hanno spalle grosse per ottenere prezzi minori sulle materie prime e intervengono in modo standard sui condomìni. Ma ha sfavorito gli artigiani che devono confezionare “abiti sartoriali” per ogni singola villetta o casa. Tra l’altro col rischio di perdere la possibilità di eliminare barriere architettoniche a favore di persone disabili che invece rischia di andare perduta. Confartiganato però è pronta premere su Roma e sui partiti («lo stiamo già facendo da tempo»). Perché per cambiare tutto, suggerisce, basterebbe ripetere quello che il premier Mario Draghi, allora capo della Bce, fece nel 2012: bastò il suo annuncio che avrebbe fatto “qualsiasi cosa fosse necessaria per difendere l’euro” (“whaterver it takes”) per invertire il trend dei mercati finanziari che stavano attaccando la moneta Ue. Adesso, spiega Cavion, basterebbe che già nei prossimi giorni Draghi o il ministro Franco annunciassero che con la Legge di bilancio 2022 lo Stato prorogherà il Superbonus per disinnescare subito la speculazione sui prezzi delle materie prime e per tranquillizzare anche clienti e imprese sulla possibilità di organizzare con calma i cantieri, invece di assistere all’attuale clima che porta a guerre a chi si “accaparra” le aziende.

 

SISTEMA STRUTTURALE. Di fondo, conclude Cavion, occorre passare da questa legge a scadenza-sprint «a un sistema strutturale che permetta al settore di crescere, invece di questa situazione che rischia di mettere imprese e clienti perfino in condizione di doverci rimettere di tasca propria per la speculazione sui prezzi che è in corso. I prezzi attuali si sono già mangiati il 10% di quel 110, e forse di più, sia per i singoli componenti di costo sia per il “tetto massimo di spesa” concesso dalla legge per i vari tipi di intervento edilizio». Serve la proroga di Stato. In caso, riducendo gradualmente quel 110%: tempi più lunghi e un po’ di guadagno in meno porterebbero comunque a sostenere l’intero settore edilizio e il patrimonio del Paese.

Piero Erle

Suggerimenti