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La ricerca

Soci russi “pesanti”: nel Vicentino 27 casi

“Dentro la matrioska” è il titolo scelto da Transcrime, il centro di ricerca dell’Università Cattolica, che col suo spin-off “Crime&tech” ha curato un’indagine sulle società controllate in Europa dagli oligarchi russi. Con un occhio di riguardo, chiaramente, a quelli che compaiono nelle liste indicate dalle sanzioni di Gran Bretagna e Ue, anche se si tratta di elenchi aggiornati più volte. L’analisi svolta grazie al sistema Tom, strumento di monitoraggio delle proprietà societarie, ha individuato che ci sono circa 31 mila aziende in Europa con titolari effettivi di nazionalità russa. E ben 1400 di queste società, con un valore di 440 miliardi di dollari, risultano controllate da sole 33 persone, cosiddetti “oligarchi” che compaiono appunto negli elenchi delle persone ora sanzionate per la guerra russa in Ucraina.

Record europei Ovviamente i numeri dicono che solo una piccola parte delle proprietà russe, sottolinea l’indagine, fa capo a questi oligarchi: il 3,1%. E va detto che che per quanto sia incredibile la capacità di ricerca dati che sviluppa Tom, sfuggono a questa indagine i casi in cui i soci russi siano titolari di “visto d’oro” dell’Ue, cioè una cittadinanza ottenuta velocemente da ricchi super-investitori nel Paese che la concede. Infine, segnala sempre Transcrime, ci sono Paesi in cui i dati societari non sono ben accessibili. Lo stesso diritto societario russo sta per cambiare: «Sarà sempre più difficile sapere chi sono i reali proprietari di un’azienda russa». In ogni caso, tra Ue, Londra e Svizzera sono emersi 44 mila russi che detengono quote di almeno il 5% in circa 31 mila società europee. Il record è in Repubblica Ceca (il 30%) seguita da Regno Unito, Lettonia, Germania, Bulgaria e Cipro, dove l’1% di tutte le imprese è di russi. A Cipro, poi, risulta presente il 17% (e in Germania il 12%) dei casi in cui emergono intermediari grazie a cui i proprietari russi controllano partecipazioni.

I dati italiani Se si guarda alle grandi capitali, a Londra emergono 1600 proprietari russi, a Berlino quasi mille e a Milano quasi 400. In tutta Italia i proprietari russi di società o quote di rilievo sono circa 2200, e risultano presenti in circa 1300 aziende. Quello di Milano (385 per l’esattezza) ha il dato più alto seguito da Roma a 244. Poi si va più giù: Brescia a 78, Firenze a 66, Rimini a 56 e poi ecco Verona con 47 segnalazioni di proprietari russi di quote. Gli studiosi di Transcrime in effetti sottolineano che a parte città grandi di cui non ci si stupisce, emergono casi di volumi di affari russi a Rimini, Como, Imperia e Veneto. Oltre a Verona infatti a Padova emergono 37 casi di proprietari russi, a Treviso 31, a Vicenza 27 e a Venezia 21. Con gli spiccioli di Rovigo e Belluno si arriva a un totale di 173 casi. Un dato notevole che si affianca a quelli ad esempio di Riviera ligure e Romagna, o il lago di Como (e Verona ha il lago di Garda) che sono un “buen ritiro” per molti imprenditori russi, osserva lo studio. Quanto ai settori, spiccano immobiliare, commercio all’ingrosso, finanziarie e società energetiche. In Italia, infine, l’indagine di Transcrime ha individuato 34 aziende in cui ci sono partecipazioni di quegli oligarchi ora sottoposti a sanzioni, per un valore complessivo di attività di 2,5 miliardi di dollari e con il turismo in prima fila. Ma la cosa più interessante, conclude l’indagine, è che le 1400 società europee (e 34 italiane)in cui compaiono questi oligarchi hanno un grado di opacità molto maggiore alla media per la presenza (non illegale, sia chiaro) di più strati di trust, fiduciarie, legami con Paesi di area “grigia” per l’antiriclaggio, segnalazioni di fughe offshore o altro. La democrazia, conclude Transcrime, si difende anche con la trasparenza nei registri delle proprietà aziendali.

Piero Erle

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