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L'azienda di Arzigano

Sicit, investimento da 10 milioni: nuovi laboratori e stabilimento in Cina

Sindaco, Ad, Mastrotto e Zaia (al centro) e staff di Sicit (FOTO M.E. BONACINI)
Sindaco, Ad, Mastrotto e Zaia (al centro) e staff di Sicit (FOTO M.E. BONACINI)
Sindaco, Ad, Mastrotto e Zaia (al centro) e staff di Sicit (FOTO M.E. BONACINI)
Sindaco, Ad, Mastrotto e Zaia (al centro) e staff di Sicit (FOTO M.E. BONACINI)

Sicit inaugura i nuovi laboratori e investe in Cina. È stato annunciato ieri, al “battesimo” della nuova palazzina, l’accordo tra l’azienda arzignanese, il Tianjin port Free trade zone administrative Committee e il partner cinese Jiegao Technology, per la creazione di un nuovo stabilimento nella regione di Tianjin, a meno di 200 chilometri da Pechino, finalizzato esclusivamente alla produzione di prodotti finiti per servire direttamente i clienti cinesi. L’investimento è di circa 10 milioni. Uno scenario ben diverso da quello che si era prospettato in estate, quando Sicit - sa produrre biostimolanti per l’agricoltura e ritardanti per l’industria del gesso utilizzando i residui dell’industria conciaria - era stata oggetto, appunto, di una proposta d’acquisto da parte di Syngenta, gruppo svizzero di proprietà cinese, non andata però a buon fine. E chiara, a questo riguardo, è la chiosa di Fabio Canè, senior partner della società di private equity NB Renaissance, che controlla l’azienda al 50% insieme a Intesa Holding che è degli imprenditori del distretto conciario: «In questo modo portiamo in Cina i nostri prodotti, non le nostre tecnologie, che rimangono qui».

Il governatore Un punto, quello del mantenimento in loco della proprietà, di cui ha parlato anche il governatore Luca Zaia, che ieri ha tenuto a battesimo i nuovi laboratori di Sicit, senza nascondere un certo orgoglio e anche di trovarsi a proprio agio tra i camici bianchi «visto che è stato il mio mestiere». Ad accoglierlo Rino Mastrotto, presidente di Sicit, l’amministratore delegato Massimo Neresini, i sindaci di Arzignano e Chiampo, Alessia Bevilacqua e Matteo Macilotti, Armido Marana, vicepresidente di Confindustria delegato all’economia circolare, i membri del cda e i rappresentanti di Unic. «Oggi – sottolinea Zaia - abbiamo inaugurato un tempio dell’innovazione. Ho visto laboratori che ho trovato nei grandi centri di ricerca. Ed è fondamentale che al tavolo non ci siano cinesi. Nulla contro di loro, ma è giusto che al comando ci sia chi ha pensato quest’operazione Trent’anni fa era impensabile trasformare i residui di conceria in idrolizzati proteici. La concia ha iniziato a pensare alla transizione ecologica allora, mentre altri settori devono ancora farlo. Questa azienda ha un futuro assolutamente incoraggiante e un buon partner: non ho mai trovato un socio finanziario così appassionato del business in cui entra».

«Salvata l’azienda» E a proposito dell’Opa, Mastrotto ha voluto ringraziare Zaia «che ci ha dato una grossa mano, potevamo perdere l’azienda e l’abbiamo salvata. C’è la volontà di portare avanti questa attività, e vedere la concia sempre leader mondiale. La passione che ci muove e la volontà ci porteranno fino in fondo». Intanto, dopo un 2020 con ricavi a 63,2 milioni, il 2021 si sta chiudendo in modo positivo, come spiega l’ad Neresini: «Grazie alle performance positive dei biostimolanti e del biofuel puntiamo a un fatturato 2021 di oltre 75 milioni. Il nostro unico indirizzo è quello di prendere il collagene dell’industria conciaria, purificarlo il più possibile e ottenere alle fine un idrolizzato proteico utilizzato come biostimolante in agricoltura. In momenti di problemi causati dai cambiamenti climatici i nostri prodotti sono sempre più importanti per le coltivazioni e sappiamo che l’agricoltura salverà il mondo. Facciamo un grande lavoro con le concerie che ci hanno dato fiducia, vendendo in 80 paesi alle multinazionali più importanti. Ma lavoriamo anche sottoprodotti di origine vegetale, perché non possiamo fermarci: nell’ultimo anno abbiamo registrato 5 brevetti». E a proposito di ambiente, a lanciare l’allerta è Marana: «È in atto un processo di desertificazione dei nostri terreni, dobbiamo riportare carbonio organico o ci giochiamo il futuro. Sono importanti queste attività, che portano un prodotto che favorisce l’implementazione del carbonio organico, che potrebbe essere allineato agli impianti di biocompostaggio e altre iniziative di economia circolare».

Maria Elena Bonacini

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