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L'intervista a Ubaldo Minelli

«Otb investirà trecento milioni in tre anni»

«I numeri positivi dell’esercizio 2021 sono il frutto delle decisioni coraggiose prese nel 2020». Ubaldo Minelli archivia con soddisfazione il bilancio del gruppo Otb che torna a vedere e in certi casi a superare i livelli di pre-pandemia, col fatturato che supera il miliardo e mezzo e, soprattutto, col risultato netto a 142 milioni di euro. 

Qual è stata la ricetta che ha permesso di evitare che il Covid contagiasse i conti?Intanto vorrei sottolineare come faccia ben sperare la significativi crescita dei risultati e della profittabilità: oltre a essere tornati a superare il miliardo e mezzo di euro di fatturato, la crescita sostanziosa del risultato netto testimonia la bontà delle scelte strategiche, a partire dall’aver messo in sicurezza dal punto di vista finanziario la filiera di fornitori nei momenti più difficili. 

Il settore della moda sembrava essere tra i più bastonati dalla pandemia. Come è stato possibile invertire la tendenza?
Non siamo gli unici ad aver invertito la tendenza ma i nostri brand del luxury, da Maison Margiela all’ultima arrivata Jil Sander, da Marni ad Amiri, sono cresciuti del 50 per cento rispetto al 2019. In particolare nei mercati asiatici.

Asia vuol dire anche Cina, un Paese che si è “sigillato” per via della pandemia. Come sta andando la vostra “invasione” in quel mercato così interessante ma anche difficile?
Detto che il Giappone si conferma per Otb il Paese che “macina” un quarto del fatturato, in Cina noi siamo cresciuti molto nel 2021, raccogliendo quello che avevano seminato nel 2018 e 2019. Abbiamo aperto 80 negozi monomarca in 16 città e il piano triennale che ho presentato due settimane fa prevede il raddoppio dei punti vendita. Il mese prossimo apriremo un nuovo progetto retail nel centro commerciale JC Plaza a Shanghai: se mai qualcuno avesse avuto dubbi sul fatto che facessimo sul serio, quella è la risposta più chiara.

In Nord America avete da poco cambiato la prima linea dei manager. Come sta andando?
Direi molto bene. Nel 2021 abbiamo registrato crescite molto significative grazie a manager di peso che arrivano da esperienze da Ceo in realtà importanti e hanno condiviso la nostra scommessa. 

Il marchio Diesel è stato affidato al direttore creativo Glenn Martens: come procede il cambio... di pelle?
Parlerei di positiva evoluzione. Certo, per la prima volta nella sua storia quarantennale Diesel ha un direttore creativo e ce l’ha perché l’intenzione è quella di collocarlo nel settore che definiamo alternative luxury sfruttando però la sua lunga storia. I primi riscontri ci dicono che la strada è giusta. Abbiamo appena aperto a New York il primo flagship store e il 2021 è stato importante perché abbiamo completato il processo di riqualificazione della distribuzione.

Senta, lei da tempo spinge per raggiungere l’obiettivo dei tre milioni di fatturato, il doppio del giro d’affari attuale: a che punto siamo?
Guardi, abbiamo previsto di investire 300 milioni nei prossimi tre anni, segno evidente che la strada è quella. La crescita prevista è del 20 per cento anno su anno, arrivando così a 2,5 miliardi di fatturato circa.

E quello che manca?
Valutiamo le occasioni di acquisizioni che il mercato offre. L’ultima acquisizione, Jil Sander, in 9 mesi ha già iniziato a creare cassa, dopo che negli anni scorsi perdeva decine di milioni. Ripeto, siamo sulla strada giusta.

Renzo Rosso ha detto che presto arriverà la quotazione in Borsa. Cosa vuol dire presto? E con che progetti pensate alla quotazione?
Il nostro azionista e fondatore ha una filosofia chiara di crescita. Il piano che abbiamo presentato è ambizioso.

E il gruppo genera cassa, una caratteristica che non sfugge agli investitori...
La posizione finanziaria netta è arrivata a 383 milioni, il termometro che misura bene quello che c’è dietro. Nel maggio 2020, durante il lockdown, abbiamo confermato gli impegni con banche e fornitori, scendendo a quota 24 milioni. Ora sfioriamo i 400 milioni: in 19 mesi siamo stato capaci di generare cassa, segno della salute finanziaria. 

Otb punta a crescere ma potrebbe esserci qualche grande competitor desideroso di “mangiarsela” con offerte allettanti. C’è questo rischio?
Credo che il nostro azionista abbia dimostrato di avere idee chiare e progetti importanti per il futuro. Otb mantiene l’ambizione di essere un polo aggregatore di marchi del lusso, direi l’unico polo in Italia. Non c’è la volontà di vendere. Certo, i due gruppi francesi del lusso hanno una dimensione difficilmente raggiungibile. Ma rispetto a loro abbiamo dei vantaggi di elasticità e velocità di decisione che cerchiamo di sfruttare. L’essere una realtà che fa capo a un imprenditore sempre presente con una catena di comando corta è garanzia di continuità. Abbiamo le caratteristiche per poter crescere correndo.

Marino Smiderle

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