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Imprese più sostenibili, ma dopo la pandemia

Un momento della presentazione dell'indagine
Un momento della presentazione dell'indagine
Un momento della presentazione dell'indagine
Un momento della presentazione dell'indagine

•• Aziende attente alla sostenibilità, ma più a parole che in concreto. Anche se la pandemia sembra aver aumentato la consapevolezza in campo ambientale. È quanto emerge dalla ricerca “Sostenibilità aziendale e della supply chain nelle imprese del territorio” condotta da Silvia Cantele e Silvia Valcozzena del dipartimento di Economia aziendale dell’università di Verona presentata al convegno ”Sosteniamo il futuro: la sfida della sostenibilità per le imprese", organizzato da Esac Formazione, la realtà specializzata nell’aggiornamento professionale di Confcommercio Vicenza. L’indagine Lo studio ha preso in esame 150 imprese manifatturiere e del commercio all’ingrosso, prevalentemente vicentine e veronesi, quasi due terzi delle quali appartenenti all’industria, metà tra 11 e 49 occupati. Agli intervistati è stato chiesto di valutare con un punteggio crescente da 1 a 5 l’importanza di affermazioni nei campi dell’orientamento alla sostenibilità sociale, ambientale, a lungo termine e della supply chain; pratiche sostenibili nel campo delle risorse umane, comunità e ambiente; pratiche di sostenibilità sociale, ambientale e verso i clienti nella supply chain: andamento della performance economica, sociale e ambientale dell’azienda; descrizione di eventuali azioni di responsabilità sociale attuale lungo la supply chain e impatto della pandemia. I risultati Le aziende hanno affermato l’importanza di un orientamento sostenibile sia in campo sociale che ambientale, con punteggi superiori a 4 riguardo all’inclusione di questo elemento nella strategia aziendale a lungo termine e alla creazione di un’immagine di sostenibilità ambientale. Ma già guardando il lungo termine il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile non raggiunge il 3. Vale invece 4,2 il mantenimento dei rapporti con gli stakeholder. Ma al di là delle dichiarazioni d’intenti, quali sono le pratiche attivate? Meno di quelle che ci si aspetterebbe. Se si guarda infatti l’ambiente, al di là di “adottare politiche per ridurre al minimo l’impatto negativo sull’ambiente” nessuna voce supera il 4 e si scende addirittura a 2,5 per l’adozione di sistemi di gestione ambientale (Iso 14001 e simili) e a 2,7 per i sistemi di etichettatura o marketing green. Tutt’altro discorso riguarda invece la responsabilità sociale verso i dipendenti, nella quale le aziende affermano di aver attivato politiche per incoraggiarli a sviluppare competenze, di bilanciamento vita-lavoro, offrire un ambiente positivo, pari opportunità, retribuzioni superiori ai minimi previsti dalla normativa (tutte le voci sono tra il 4,1 e il 4,8). E nei confronti della comunità l’impegno è quello di generare ricchezza e lavoro. Atteggiamenti che si vogliono trovare anche nella supply chain, chiedendo sicurezza dei prodotti, ma anche impegno per la salute dei dipendenti. Le prospettive Le priorità, però, sembrano cambiare se si guarda al futuro, anche in conseguenza della pandemia. «Le aziende – sottolinea Cantele – hanno risposto in modo positivo su orientamenti generali, ma poi passando alle pratiche hanno mostrato molte lacune. L’attenzione, invece, è alta per quanto riguarda la sicurezza dei dipendenti, richiesta anche alla supply chain. Dopo la pandemia, invece, le azioni che affermano di voler intraprendere sono più legate all’ambiente, forse perché in questo periodo hanno riconosciuto il gap in questo campo e molte iniziative pubbliche stanno andando in questa direzione. Si pensa meno, invece, a obiettivi futuri dedicati ai dipendenti, ma questo è molto probabilmente perché si è già fatto tanto in questo campo». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Maria Elena Bonacini

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