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Azienda di Chiuppano

C’è un’ipotesi per salvare la Gas: via i Grotto dalla maggioranza

Il fondo DeA Capital, maggiore creditore della Gas, non crede in buona sostanza che i Grotto possano ripagare i crediti: troppi nel passato i piani falliti. E quindi non ha votato il piano di concordato. Se questa è la ragione del dissenso, così come hanno dedotto nei giorni scorsi i legali della Grotto-Gas, allora per salvare l'azienda per assurdo uno spiraglio potrebbe esserci. Un nuovo piano di concordato che incontri il favore di DeA. Ma per avere il voto favorevole di DeA è necessario togliere quello che oggi rappresenterebbe l’ostacolo, cioè il controllo dell’azienda in capo ai fratelli Grotto che, attraverso la srl Luna, ne sono proprietari al 100%. Sono giorni frenetici dopo che il concordato non è stato omologato. Ora la palla passa al giudice. E si aprono tre scenari.

Udienza da fissare. L’udienza per il fallimento, dopo che il commissario Marcadella ha inviato l’esito della votazione, non è ancora stata decisa: è presumibile, come già era emerso, che possa essere fissata per fine novembre, massimo metà dicembre. Ci potrebbe essere un appiglio, una sorta di ultima complessa carta per scongiurare il fallimento. Quella di un nuovo piano di concordato che possa nascere dall’accordo con i creditori e in particolare con DeA, ago della bilancia. Se i Grotto sono l’ostacolo, “sacrificare” i Grotto potrebbe essere l’unica via d’uscita per salvare l'azienda storica di Chiuppano ed evitare 200 licenziamenti. Un accordo ad esempio che preveda di convertire il credito di Amco e DeA in capitale in modo che i maggiori creditori possano entrare nella maggioranza della società. Plausibile che un’ipotesi di questo genere possa trovare il favore della società del Tesoro Amco, secondo creditore, che ha “ereditato” quasi 13 milioni dalle ex Popolari e già si era espressa in modo favorevole al piano di concordato di mercoledì. Tutto da capire l'atteggiamento di DeA, i cui crediti ammontano a 34,5 milioni, che potrebbe gradire il passaggio in minoranza dei Grotto, ma potrebbe chiedere anche di più. E in ogni modo con le redini dell'azienda avrebbe la possibilità di salvarla e rilanciarla con una strada già tracciata, che anche il Mise era disposto a supportare, trainata da un brand che è ancora un richiamo internazionale, riuscendo a compensare parte del credito. Il fallimento la lascerebbe a mani vuote.

Fallimento dietro l’angolo. DeA infatti è un creditore chirografario che sarà soddisfatto solo dopo i creditori privilegiati. Il passivo della Grotto ammonta a 80 milioni, di cui 62 milioni di chirografari. Di certo l'ipotesi del nuovo piano con la prospettiva di un accordo con cui salvare l'azienda evitando il fallimento appare non semplice. Ma le alternative sono poche. Scartata questa ipotesi, il fallimento è dietro l’angolo.

Acquirente o spacchettamento. Se l’ipotesi del salvataggio non va in porto, una volta dichiarato il fallimento, si apre un secondo scenario: il Tribunale in accordo con il commissario giudiziale può disporre l’esercizio provvisorio. Significa che l’azienda in attesa di un acquirente potrà proseguire integra la sua attività per preservare quello che rimane del suo valore mantenendo l’avviamento, le collezioni già programmate, i clienti. Va detto però che nella sua relazione il commissario aveva già scritto come dal suo punto di vista fosse impensabile, viste le criticità gestionali, economiche e di mercato, che un eventuale curatore si potesse cimentare in un esercizio provvisorio finalizzato a bandire una vendita. Vero è che il brand tiene. E il lavoro di taglia-cuci dell'amministratore unico Cristiano Eberle chiamato due anni fa a gestire la Grotto pur nell’emergenza covid ha portato a due esercizi, e si appresta a chiudere anche il 2021, con ebidta positivi e 8 milioni di cassa, impresa che sa di miracolo nel comparto tessile. Resta il terzo scenario, il peggiore: il fallimento senza esercizio provvisorio, puramente liquidatorio. Si licenzia, si spacchetta e si vende.

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Roberta Bassan

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