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Detroit e Torino a confronto per Vicenza

L'architetto Dan Pitera
L'architetto Dan Pitera
L'architetto Dan Pitera
L'architetto Dan Pitera

Marcella Gabbiani*
Chiusi i lavori del workshop Between the lines. Esperienze di inclusione urbana - organizzato da ALA Assoarchitetti con ISAI - e condotto nel quartiere di San Lazzaro da Dan Pitera, University Detroit Mercy, con Marcella Gabbiani e Francesca Braga Rosa. Una tavola rotonda conclusiva sulle realtà di Detroit e Torino ricerca analogie, differenze e potenzialità cercando di individuare quali esperienze possono essere esportabili a Vicenza, in un dialogo che ha visto protagonisti lo stesso Pitera, Paolo Mighetto e Fortunato D’Amico.
Il legame tra Detroit e Torino salta facilmente all’occhio: le due città sono accomunate da un modello di sviluppo legato alla grande industria automobilistica, che per quasi un secolo ha detenuto un monopolio sull’economia e sulle risorse. Con la crisi dell’auto entrambe le città hanno però scoperto un vivaio di altre aziende e opportunità inespresse, che ruotavano intorno al settore meccanico e che possono essere, e sono già state in parte a Torino, un motore per l’innovazione del tessuto economico, sociale e urbano.
E Vicenza? Vicenza è caratterizzata invece da una miriade di piccole realtà che ne hanno fatto per decenni un attore economico e industriale di primaria importanza a livello nazionale. Ma anch’essa ora conosce un momento di arresto che sta determinando effetti socio-economici negativi, che si riflettono non solo sulle aziende e le aree industriali in parte abbandonate, ma anche sui redditi, sulla vita lavorativa e quotidiana, fino a determinare cambiamenti a livello complessivo nella città e nei suoi quartieri residenziali.
Quale il ruolo degli architetti, se non cercare soluzioni partendo dalle risorse insite nel sistema e trasformare i deficit in opportunità? Solo inoltrandosi nel territorio e tra le persone si possono riconoscere e attuare potenzialità inespresse, per dare una vocazione chiara alla propria realtà. Le città sono tutte diverse, ciò che si fa per Detroit o per Torino sicuramente non funziona a Vicenza ed è proprio dall’ascolto del territorio e delle persone che possono essere tracciati gli scenari futuri.
Detroit affronta una crisi quasi apocalittica con una disoccupazione del 51%, con una popolazione che è scesa da 1 milione e trecentomila persone a poco più di 700 mila, con un governo cittadino che ha dichiarato qualche mese fa il fallimento. La città è una nuova frontiera, come dice Pitera, un’occasione per ripartire e rinascere, secondo nuove prospettive. Progettare per una società in decrescita, non significa perseguire la “de-crescita felice” - nessuna decrescita lo è - ma progettare una crescita più felice. Detroit è per progettisti di avanguardia come Pitera, economisti, sociologi, paesaggisti, politici e per la società civile l’occasione per guardare alla realtà con uno sguardo nuovo, svincolato da preconcetti e legami con un potere, che in questo momento è particolarmente distaccato dalla realtà. Le potenzialità di tante piccole realtà produttive e delle persone, che comunque hanno acquisito in un secolo di attività industriale competenze tecniche particolari, rappresentano un patrimonio straordinario, se capaci di instradarsi verso nuove finalità. Grazie a questa idea di Detroit futura, molti giovani e giovanissimi si stanno trasferendo nella città da tutti gli Stati Uniti, per trovare lì quelle occasioni che si sono ormai chiuse nelle grandi realtà come New York, Los Angeles, San Francisco.
Con Pitera si è lavorato nei giorni della sua permanenza vicentina, nel quartiere di San Lazzaro, al quale si è guardato con occhi nuovi come ad una risorsa per la città. Non si è preteso di trovare soluzioni, ma si è analizzata la realtà dal di dentro, acquisendo la sorprendente conoscenza con un quartiere dotato di una forte identità, grandi potenzialità di servizi, verde e spazi comunitari, che possono essere un’opportunità per un futuro di maggiore sicurezza e benessere. La città di Vicenza, secondo Pitera aspetta una vocazione che metta in luce, con una prospettiva a medio e lungo termine, le sue potenzialità inespresse, creando quella ragnatela di flussi che ne fanno un organismo vivente, composto delle tante attività che costituiscono la vita delle persone. È evidente infatti che quando le persone si muovono e vivono la loro “casa”, attuano quel controllo spontaneo del territorio che riduce la necessità di interventi di sorveglianza convenzionale e aumenta la sicurezza. Servono progetti non solo di urbanistica intesa in senso tradizionale, ma idee per un nuovo modo di intendere la vita comunitaria, economica e sociale di un paese e di una città come Vicenza nei quali i rapporti tra giovani e vecchi, italiani e stranieri, occupati e inoccupati, famiglie e single, residenti e non, pubblico e privato, sono in continua evoluzione.
Le città italiane hanno un patrimonio di spazi pubblici, piazze, vie, attività, che aspetta solo di essere attivato. Anche i quartieri più esterni di Vicenza, con interventi semplici e di costo contenuto, potrebbero essere rimessi in gioco e connessi con la città, in modo tale che i servizi di quartiere possano divenire un patrimonio cittadino. Torino è una testimonianza a noi prossima di attuazione di tali potenzialità: una città che negli ultimi decenni ha visto nella qualità urbana, nella valorizzazione delle piccole e medie imprese, nel turismo e nella cultura un’occasione di rilancio della città. (Paolo Mighetto, insiste sul fatto che ogni Euro investito in cultura a Torino ne ha fruttati cinque).
Cultura intesa tuttavia e necessariamente in senso ampio e dinamico, come una ricchezza da mettere a disposizione delle persone, come patrimonio del passato, ma anche espressione del proprio tempo, e “tradizione” per le future generazioni.
*architetto Ala assoarchitetti

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