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Sgarbi e Palladio «Ville: così
il nuovo nasce dall'antico»

ANTICIPAZIONI. Oggi in libreria il nuovo lavoro dello storico dell'arte


“Viaggio sentimentale nell'Italia dei desideri” si occupa anche del grande architetto e della sua più tipica “formula modulare”
Vittorio Sgarbi, 58 anni, storico dell’arte e uomo politico Il libro di Sgarbi oggi in uscita
Vittorio Sgarbi, 58 anni, storico dell’arte e uomo politico Il libro di Sgarbi oggi in uscita
Vittorio Sgarbi, 58 anni, storico dell’arte e uomo politico Il libro di Sgarbi oggi in uscita
Vittorio Sgarbi, 58 anni, storico dell’arte e uomo politico Il libro di Sgarbi oggi in uscita

Prima di Palladio, la villa era una tipologia architettonica di Roma antica. Nella villa suburbana si intendeva dare forma al più classico degli ideali, l'armonia fra l'uomo e la natura. Nel Quattrocento, la riflessione sul Trattato di architettura di Vitruvio porta anche al recupero della tipologia della villa romana. Sono toscani gli architetti che per primi cercano di riproporre il modello della villa vitruviana secondo il nuovo linguaggio rinascimentale: lo dimostra Jacopo Sansovino a Pontecasale; ma è a Roma, in particolare con Villa Madama di Raffaello, che quest'operazione tocca gli esiti più vicini ai prototipi originari.
Con Palladio, la villa "alla romana" per antonomasia diventa la villa veneta, che non indica più solo una ben definita localizzazione geografica, ma una nuova tipologia architettonica. Con Palladio, la terraferma veneta da Mira a Vicenza, da Padova a Treviso, e da Verona a Rovigo, è l'area culturale dove matura nel corso di quattro secoli l'esperienza dell'architettura residenziale più evoluta del mondo, destinata a essere universalmente imitata nei secoli seguenti, in Inghilterra come in Francia, negli Stati Uniti come in Spagna. Palladio non ha inventato tutto ciò dal nulla. Prima fu Petrarca con la bella casa di ozi studiosi ad Arquà. Più tardi, sempre nello spirito della tradizione classica, alla ripresa di Vitruvio e della tipologia della villa romana si erano applicati Alvise Cornaro e Gian Maria Falconetto; il primo, ricco e colto padovano, il secondo, pittore e architetto veronese che trasferiva nella pratica architettonica i suggerimenti del Cornaro.
Con l'erudito vicentino Gian Giorgio Trissino, l'esordiente Palladio istituisce una nuova coppia che sembra voler riprendere il discorso introdotto da Cornaro e Falconetto. È però con Daniele Barbaro, traduttore di Vitruvio e compagno di viaggio fra le rovine di Roma, che matura in Andrea di Pietro della Gondola (questo era il vero nome, prima che Trissino glielo cambiasse in Palladio) l'esperienza che lo porta a essere il più completo e operoso architetto del Cinquecento. Nel 1549, Palladio viene incaricato di rinnovare "alla romana" il Palazzo della Ragione di Vicenza (Basilica), impegno che lo consacra come il vero interprete di Vitruvio tra gli architetti attivi nel Veneto. Sono però le ville il risultato più alto e originale della sua attività, la cui esperienza viene raccolta nel secondo dei Quattro libri dell'architettura (1570).
La scoperta dell'America aveva ridotto l'importanza dei traffici nel Mediterraneo e indotto i nobili veneti a occuparsi maggiormente di agricoltura, che frattanto ha un grande sviluppo tecnologico. Come per Cornaro, le ville di Palladio non devono essere solo "onestamente" belle, ma anche perfettamente "commode", grandi case che costano relativamente poco, e dove si vive e si lavora. Sono aziende-modello che si organizzano per essere colonie agricole autosufficienti, grandemente razionali nella distribuzione delle singole funzioni, con gli spazi per i proprietari, per la servitù, per i contadini e per gli artigiani.
L'essenzialità della struttura viene in qualche modo controbilanciata dal decorum degli apparati ornamentali, secondo la lezione di Vitruvio: i frontoni d'ingresso, le statue agli angoli dei timpani, gli affreschi e gli apparati in stucco nelle sale di maggior importanza. Ogni villa ha una storia diversa, un'esigenza diversa da soddisfare, una diversa cultura nei proprietari, una diversa conformazione del luogo dove sorge. La celebre Villa Capra detta la Rotonda, ad esempio, viene studiata perché domini il panorama circostante, mostrando da ogni lato la stessa faccia: l'esempio sono i templi dei Capitolia romani, che non sempre Palladio sapeva essere edifici religiosi. Ma Palladio non è solo un fedele seguace di Vitruvio e dei modelli romani: inventa e sviluppa nuove soluzioni, per esempio l'ordine architettonico gigante e le barchesse che abbracciano il corpo padronale per racchiudere una corte, come a Fratta Polesine, sapendo bene che ogni regola non offre mai la soluzione giusta per la totalità dei casi. Lo stile di Palladio è la risposta a sempre diversi problemi con un unico metodo di visione della storia e del presente.
Ogni villa palladiana risulta diversa negli esiti, ma costante rimane il principio con cui Palladio definisce lo spazio architettonico e stabilisce il rapporto con la natura circostante, in un perfetto equilibrio che chiamiamo classico. È un gioco di moduli, quello di Palladio, che può generare un numero infinito di soluzioni, ognuna con una sua necessità come troveremo anche in Carlo Scarpa e, oggi, in Mario Botta. Spetta all'intelligenza dell'architetto, quando non al suo genio pratico, trovare per ogni circostanza la soluzione più adatta, in continuità con il passato e per rispondere alle esigenze del presente.

Vittorio Sgarbi

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