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Domani sera a Valdagno

Oggetti smarriti
E così anche
le emozioni

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La carta carbone, oggi inutileMusicassette, ormai un ricordoLa gomma da inchiostroI floppy disk, quasi archeologia
La carta carbone, oggi inutileMusicassette, ormai un ricordoLa gomma da inchiostroI floppy disk, quasi archeologia
La carta carbone, oggi inutileMusicassette, ormai un ricordoLa gomma da inchiostroI floppy disk, quasi archeologia
La carta carbone, oggi inutileMusicassette, ormai un ricordoLa gomma da inchiostroI floppy disk, quasi archeologia

La gomma che bucava le pagine, la sveglia, il fazzoletto di stoffa. Cose che scompaiono. E con loro i nostri ricordi, un tempo e uno stile di vita. A favore del progresso e di consumi inarrestabili. Senza tirare in ballo Proust e il valore evocativo degli oggetti, è (stata) una esperienza comune quella di legare incontri ed emozioni a cose tangibili: che oggi però nella vita sempre più digitale si stanno smaterializzando. Se ne parla domani alle 20.30 a Palazzo Festari, Valdagno: il team Guanxinet ha chiamato lo scrittore e giornalista Luca Pollini, coautore con Giorgio Maimone, anche lui giornalista, del libro “Oggetti smarriti”, 135 pagine, Morellini editore.

 

L’obsolescenza è un fatto fisiologico nella società dei consumi. Ma ci lascia anche un po' di amarezza. Pollini, cosa riversiamo in un oggetto?

Siamo nati e cresciuti circondati dagli oggetti, e man mano che si diventa adulti si comprende come alcuni di loro si siano trasformati in depositi di storie. Storie del nostro passato e così diventano compagni di vita, simboli del nostro “romanzo di formazione”. Sono rassicuranti perché non ci hanno mai tradito e ci hanno trasmesso affetto.
Le generazioni di oggi nascono e crescono con molti meno oggetti attorno a loro: e a lungo andare si farà sentire questa mancanza di “sicurezza” e “affetto” materiale.

 

Il libro è stato scritto per salvare dell'oblio cose che il tempo potrebbe seppellire?

In un certo senso sì. Abbiamo voluto raccogliere le storie di alcuni oggetti e la loro importanza nell’evoluzione del costume. Penso allo skilift, che ha “insegnato” a sciare diverse generazioni: per prenderlo dovevi essere già bravino sugli sci, altrimenti non si arrivava in cima. Oggi, sono stati smantellati per far posto alle seggiovie, comode, riscaldate e tutti riescono a “risalire”, perdendo un po’ il gusto della conquista. Ogni passo del progresso ha segnato l’abbandono di oggetti superati e la nascita di qualcosa di nuovo, ma solo nella nostra epoca abbiamo visto nascere un serial killer di queste dimensioni: lo smartphone!

 

Vado al piccolo catalogo. Alla lettera C. Carta carbone. Cabina telefonica. Cartolina. Quante storie racchiudono?

Questi tre oggetti racchiudono storie di segretarie, di innamorati, di viaggi. Oggi viene difficile pensare a un ufficio senza scanner o fotocopiatrice: ecco, un tempo c’era la segretaria che batteva a macchina e, in base alle copie necessarie, utilizzava fogli di carta carbone. Le cabine telefoniche sono un oggetto quasi letterario, un rifugio d’intimità nel bel mezzo del caos cittadino, dove ci si è nascosti da sguardi indiscreti per piangere o baciarsi e – se era di un’altra città – per parlare velocemente perché in sottofondo si sentiva il clic-clic-clic-clic dei gettoni che scendevano inesorabili e senza pietà.

 

La cartolina?

Il discorso è più articolato. Un tempo appena tornati dalle vacanze non si vedeva l’ora di descrivere le esperienze e le avventure appena passate, anche se c’era chi qualche anticipazione l’aveva avuta grazie a una cartolina. Oggi il filo ombelicale che WhatsApp e i vari social network ci legano al nostro mondo affettivo rende un viaggio molto meno romantico e avventuroso. Ti sei appena salutato e già ti mandano le foto di dove sono, cosa mangiano, cosa vedono, cosa fanno, dove dormono. Credo che la crisi della cartolina non sia da imputare alla “crisi economica”, ma più alla “crisi sociale” che sta colpendo un po’ tutti.

 

Nell’ambito musicale, parlo dei supporti, abbiamo seppellito (quasi) vinili, musicassette, cd e pure l’iPod. Dopo Spotify cosa ci aspetta?

Mi verrebbe da dire il silenzio, perché ormai la musica non la si ascolta più con attenzione, è diventata un sottofondo della nostra quotidianità: ovunque c’è musica, al supermercato, in banca, negli uffici pubblici, nei negozi di scarpe. È talmente invasiva che non ti accorgi nemmeno più. E anche questo pessimo costume – mi spiace – è dovuto dalla tecnologia. Prima c’erano supporti che toccavi – un 33 giri, una musicassetta, un cd – ora c’è un file, che non è un oggetto.

 

Wikipedia ha tutte le risposte. Ma qual era il piacere di consultare anche una enciclopedia?

Era il piacere della scoperta. Forse qualcuno ricorda ancora quando per fare una ricerca su un qualunque argomento, generalmente si consultava un'enciclopedia per farsi una prima bozza d'idea e poi, ci si recava in una biblioteca. Era il mondo prima della rete, sembra un’era geologica, eppure solo qualche decennio fa.

 

C'è un oggetto più smarrito degli altri?

Direi l’ovetto per rammendare le calze. Chi le rammenda più? Oggi nella società dei consumi in cui nulla si ripara ma tutto si getta le calze se bucate si buttano, anche perché credo che sia sempre meno la gente in grado di impugnare ago e filo e rammendare.
E poi ci sono i mestieri. Scompaiono benzinai, cassieri, casellanti, portieri e non si sa bene che fine faranno edicolanti e giornalisti.
Ma vado oltre: a rischio ci sono gli autisti e i macchinisti. I treni delle nuove metropolitane a Torino e Milano viaggiano senza guidatore, così come l’automobile che circola senza conducente è già una realtà. L’uomo sarà sempre meno indispensabile, ovunque.

 

È un libro per romantici?

In un certo senso sì, ma non vuole essere un libro per nostalgici. Credo che oggi ci sia stata tolta la magia di una foto, la poesia di una lettera, la calligrafia, l'odore d'un libro, il ritaglio di un giornale, le infinite chiacchierate in una cabina, il diario segreto, ma anche l’attesa del rewind di un nastro o la dedica alla radio. La tecnologia sta compiendo un’opera inarrestabile di desertificazione emotiva.

Nicoletta Martelletto

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