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Il libro presentato a Vicenza

Latorre: «La vicenda dei marò non deve cadere nel limbo»

Il libro di uno dei due marinai italiani accusati dell'omicidio di pescatori in India verrà presentato oggi alle 18 a palazzo Chiericati a Vicenza.

Oggi, sabato 21 gennaio, alle 18, nel salone di palazzo Chiericati a Vicenza, Museo civico, viene presentato il libro “Il sequestro del marò. Conversazione con Mario Capanna”, di Massimiliano Latorre, uno dei due marinai italiani accusato dell'omicidio di due pescatori in India nel febbraio 2012. Rimasto a lungo in carcere, tornato in Italia, rinviato in India, è stato pienamente assolto nel nostro Paese. Due mesi fa ha avanzato una richiesta di risarcimento danni allo Stato per i 106 giorni di prigionia e “per avere rischiato la pena di morte” in India. Introduce l’incontro Gabriele Tasso, sindaco di S. Pietro Mussolino, modera il giornalista Dario Pregnolato, organizza la sezione Ana Vicenza Monte Pasubio. Ha letto per noi il libro Paolo Mele sr, avvocato, attivo nell’Associazione nazionale marinai d’Italia sezione di Vicenza.

La recensione di Paolo Mele Senior

La Patria, in subordine a Dio, è altrettanto unica. Credervi è ancora prima di una vocazione, un atto di fede per ogni buon soldato. Ma la fede di Massimiliano Latorre, Luogotenente del Battaglione San Marco, nato – come egli tiene a precisare – lo stesso giorno di Padre Pio, ha vacillato sulla “Via di Damasco”. Per l’esattezza la via di rientro a Nuova Delhi, che egli con il suo commilitone e compagno di sventura, Salvatore Girone, ha dovuto percorrere a ritroso nel marzo del 2013 per ordine dell’allora Governo Monti. Un ordine a cui i due marò, tornati temporaneamente in Italia per esercitare (paradossalmente) il loro diritto elettorale, hanno prontamente adempiuto. Un atto da parte del Governo indefinibile, per il quale ogni aggettivo diverrebbe correttamente censurabile. Di questo e delle restanti vicissitudini che hanno caratterizzato l’odissea dei due marò, Massimiliano Latorre parla a ruota libera nel suo libro “Il sequestro del marò”, con sottotitolo “Conversazione con Mario Capanna”, edizioni La vita felice. Invero più che una conversazione, è un’intervista condotta in maniera asettica dall’ex leader sessantottino, un tempo famoso per le sue intemperanze politico-giovanili, e ora onorevole compagno, segretario del partito di Democrazia Proletaria. Un interlocutore arguto, ma a dir poco singolare per un militare ligio agli ordini e amante della divisa quale è Latorre. Ma come spiega quest’ultimo, in precedenza schivo a parlare della sua vicenda, Mario ha suscitato in lui una immediata empatia e il desiderio di raccontare quanto accaduto, affinché la storia dei marò, come egli scrive nella premessa «non cada nel limbo ed io sia ancora condannato ad ingoiare bocconi amari». Senza però spiegare poi a quali bocconi amari si riferisca, salvo che non siano quelli non ancora metabolizzati per l’ingiustizia subita. 

Una narrazione interessante ma non avvincente

Nel libro di 126 pagine, comprese appendici e ringraziamenti, l’esposizione di Latorre risulta interessante ma non avvincente. In fondo, a parte qualche piccolo gossip riguardante la sua vita personale, il marò narra fatti già triti e ritriti dai media. Questa storia la conosciamo tutti e tutti, o quasi, siamo concordi nel definirla una vergogna per il nostro Paese. Si sa, la cosiddetta “Giustizia” è generalmente lenta, sia che si tratti di quella nostrana, incaprettata dalla burocrazia giudiziaria, che di quella altisonante della legge internazionale. Ma per i due marò si è andati veramente oltre. Abbiamo dovuto attendere 10 anni per un proscioglimento che andava pronunciato, a farla lunga - per quanto fin dall’inizio era oggettivamente emerso - in un decimo del tempo impiegato. E se questo non è stato possibile, per motivi di natura politica ed economica che all’epoca caratterizzavano i rapporti tra Italia e India, allora il risentimento di Latorre, pari a quello di ogni altro italiano, appare più che legittimo.

La vicenda avvenuta sotto il governo Monti

Perché non si è fatto subito ricorso all’arbitrato internazionale? Perché si è subito passivamente, fin dall’inizio, il ricatto dell’Autorità Indiana, a cui sono stati riconsegnati i nostri marò una volta tornati in Italia? A firmare questo assurdo rientro furono tutti gli uomini del Governo Monti, tra cui l’allora ministro della Difesa Di Paola, con l’aggravante di essere stato ammiraglio e Capo di Stato Maggiore della nostra Marina, il quale poi si dimise. Cosa che avrebbe potuto fare più dignitosamente prima di firmare, risparmiandoci pure le lacrime di circostanza di cui fece pubblicamente e inopportunamente sfoggio. Insomma una brutta storia, finita bene con il ritorno definitivo e il recente proscioglimento “postumo” di Latorre e Girone da parte del Gip di Roma il 27 gennaio 2022, ma maledettamente male per la nostra dignità nazionale.

L'Italia condannata dal tribunale internazionale de L'Aia

Il Tribunale Internazionale dell’Aia, infatti, ha condannato l’Italia a risarcire l’India per i danni materiali e morali subiti. Altri milioni di euro sottratti dalle tasche dei cittadini per omaggiare il Governo e gli avvocati indiani, riconoscendo di fatto colpe prive di qualsivoglia fondamento. Vergogne che, col suo libro, Massimiliano Latorre vuole non siano dimenticate. Già, come se fossero le sole che vadano ricordate, in un Paese dove l’ombra del velo pietoso è spesso l’unico valido strumento che ci aiuta ad andare avanti. Beata innocenza, verrebbe voglia di dire. Ma Latorre insiste, dice che non può tacere, che non lo farà mai. Nel frattempo l’hanno destinato presso la segreteria particolare dello Stato Maggiore della Difesa. Lì riferisce di sentirsi inutile, anche se forse, proprio la percezione di tale inutilità, lo potrebbe aiutare ad approdare alla comune e talvolta scomoda realtà.

Paolo Mele sr

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