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IL PROFILO DI PRIMO LEVI

Lo scrittore Primo Levi ( 1919- 1987)Marco Belpoliti, docente
Lo scrittore Primo Levi ( 1919- 1987)Marco Belpoliti, docente
Lo scrittore Primo Levi ( 1919- 1987)Marco Belpoliti, docente
Lo scrittore Primo Levi ( 1919- 1987)Marco Belpoliti, docente

Nel centenario della nascita, il team Guanxinet di Valdagno rende omaggio a Primo Levi. Stasera alle 20,30 a palazzo Festari verrà proiettato il film- intervista “Il ritorno ad Auschwitz”, trasmesso dalla Rai nell’83, seguito da una conversazione tra Marco Belpoliti e Frediano Sessi. Belpoliti, emiliano, docente di Critica letteraria e Letterature e culture visive all’università di Bergamo, è lo studioso che più di ogni altro in Italia ha lavorato sui testi di Levi curandone l’“Opera” per Einaudi e tra gli altri un bellissimo saggio nel 2016 per Guanda, “Primo Levi di fronte e di profilo”, uscendo dagli schemi della pura critica letteraria. Sessi, scrittore e saggista, insegna Sociologia all’università di Brescia, e si è occupato a lungo di storie di deportazione. Professor Belpoliti, in questo centenario si sono moltiplicate le iniziative attorno al nome di Primo Levi. Vede già qualche frutto? C’è stato un bel movimento ma queste cose in genere hanno effetti dopo qualche anno, generano nei tempi lunghi, come è avvenuto per gli studi su Levi del resto. È cambiata definitivamente la percezione di Levi considerato solo testimone storico ed oggi scrittore con un proprio posto nella storia della letteratura? Questa cosa era ben chiara in precedenza anche nei lettori, mentre la percezione della critica non era altrettanto forte. La maggior parte delle persone si accosta a Primo Levi attraverso la scuola, solo qualcuno approfondisce dopo aver avuto tra le mani “Se questo è un uomo” o “La tregua”. Giù con “La chiave a stella” la ricerca dei lettori è proseguita, e così con “L’altrui mestiere”. E per me personalmente con “I sommersi e i salvati”, il libro più complesso. Qualcosa è certamente successo dalla prima pubblicazione delle Opere nel 1997, gli studi e la considerazione si sono via via perfezionate fino al 2017 con la seconda edizione. Oggi Levi è disponibile nella sua complessità. È un processo che riguarda solo la letteratura italiana o anche la cultura ebraica cui Levi appartiene? Forse anche per il lavoro che è stato realizzato, le nuove generazioni sono molto attente a questo scrittore, appartiene alla modernità della cultura ebraica. Quali sono i testi che per lei sono fondamentali per conoscere lo scrittore? Quelli in cui il lager non è presente. Quelli che raccontano non il tema di fondo bensì la tessitura della sua esistenza e della sua scrittura. Aveva molti volti Levi, come si coglie in “L’altrui mestiere”: l’etologo, il chimico, lo scienziato, lo studioso di giochi, emerge il suo umorismo, la sua attenzione all’antropologia delle città, agli aspetti di vita quotidiana. Sarebbe diventato scrittore senza l’esperienza del lager? Credo di sì. Aveva due possibilità, dopo quegli anni di dolore. Diventare un grande ricercatore scientifico, era pieno di curiosità, o essere scrittore. Il lager gli ha dato la prima materia di cui occuparsi. Se era già tutto dentro di lui? Non so, le occasioni cambiano la vita delle persone, a volte la vocazione non sboccia mai pur con le capacità. A volte l’elemento stocastico - la casualità - è fortissimo. Anche lei racconta di un docente che le mise in mano a scuola un primo libro di Levi, e di esserci tornato sopra molti anni dopo. A volte la scuola obbliga gli studenti ad occuparsi di autori rischiando di uccidere i libri, però almeno li fa leggere. Ma se qualcosa di quella lettura obbligata tocca qualche corda del profondo, da adulti si riprendono in mano. Gli insegnanti delle ultime generazioni sanno considerare diversamente Levi. Cosa l’ha appagata della sua ricerca su Levi? L’immagine dell’aula piena – 130 studenti rispetto ai 50 previsti al corso – all’Eth Zurich, il Politecnico di Zurigo, dove insegno a scienziati e tecnologi a conoscere Primo Levi. Una grande soddisfazione poterne parlare a chi non fa studi umanistici e coglie la ricchezza del personaggio, i suoi valori scientifici, la sua idea di democrazia, di ricerca. Cosa c’è da scoprire ancora su di lui? C’è molto da lavorare su Levi e l’ecologia, sulla scienza, va messo a fuoco il suo rapporto col mondo animale, anche con la sua esistenza da chimico. E poi l’ultima cosa, la più difficile: Primo Levi l’uomo. La famiglia, le relazioni, le amicizie. La sua umanità, intelligenza e sensibilità. Il suicidio è una pagina irrisolta? Ci ho scritto un capitolo. Il suicidio è sicuramente il tema più problematico perché tocca gli affetti di chi era legato a lui. Col passare del tempo anche questo evolverà. Ci dica del rapporto tra Primo Levi e Mario Rigoni Stern, che lei ha toccato anche nel film con Davide Ferrario. Sono due scrittori che non vengono dal mondo letterario ma da esperienze di vita. Identici nell’umiltà, negli stili di vita, scrittori per il pubblico non per la critica. Con personalità ricche, più aperta quella di Rigoni Stern, più riservata a quella di Levi. Fu un bell'incontro. •

Nicoletta Martelletto

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