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Il Far West nel Nordest. Felicetto è il traditore e il gregario paga per lui

TEATRO. Tutto esaurito e successo meritatissimo allo Spazio Bixio. Nel monologo di Rossetto il testo di Sangati porta in luce i sentimenti di un ragazzino incantato dal mito
Giacomo Rossetto in “Malabrenta” al Bixio. COLORFOTO ARTIGIANA
Giacomo Rossetto in “Malabrenta” al Bixio. COLORFOTO ARTIGIANA
Giacomo Rossetto in “Malabrenta” al Bixio. COLORFOTO ARTIGIANA
Giacomo Rossetto in “Malabrenta” al Bixio. COLORFOTO ARTIGIANA

VICENZA. Una sedia, un fascio di luce. Una voce e un torrente di parole, un fiume in piena: come quel Brenta sulle cui rive mossero i primi passi i protagonisti di una delle storie criminali più violente degli ultimi anni. La mala del Brenta: bambini che giocavano al Far West e che in un Far West trasformarono il ricco Nord Est degli anni Ottanta. A manovrare tutto e tutti un bandito senza scrupoli, Felice Maniero, l'unico di cui di tutta quella maledetta vicenda si ricordi il nome. Attorno a lui e al suo sorriso sfrontato nasceva una leggenda: sporca di sangue, carica di dolore e di morte, ma comunque una leggenda.  La mala del Brenta torna sotto i riflettori in Malabrenta, pluripremiato monologo scritto e diretto per Teatro Bresci da Giorgio Sangati, interpretato da Giacomo Rossetto e transitato con pieno e meritato successo in uno Spazio Bixio esaurito. Un testo e un attore, nient'altro. Ed è quanto basta per ricreare la tensione dei fatti e dare ulteriori chiavi di lettura a una storia ancora nella memoria viva dei più, come un'ombra fredda che ti tocca e dà i brividi. Sangati riporta indietro il nastro e lo fa ripartire dall'inizio, ma affidandolo a uno dei suoi tanti interpreti sconosciuti, un ipotetico (ma verosimile) gregario senza nome: uno di quelli che per Maniero hanno fatto il lavoro sporco, conquistati dai soldi facili e dal sogno di una "bella vita" al posto di quella che i loro padri avevano passato in fabbrica, a morire di lavoro.  Il racconto scorre sicuro, lucido. Non ha il sapore di una confessione, né di un verbale di polizia. Il gregario parla, un po' ai suoi interlocutori nel buio, un po' a se stesso. La base del racconto è la cronaca, quella che tutti conosciamo: le rapine, il traffico di armi e di droga, i conti aperti con le bande rivali e con la lunga mano della mafia nel Nord Italia, l'omertà di intere comunità, le rocambolesche fughe da carceri di massima sicurezza... Ma al di là della cronaca Sangati porta in primo piano gli uomini, bambini divenuti grandi insieme e insieme entrati nel crimine, come i topi incantati dal pifferaio di Hamelin, quel Felicetto faccia d'angelo e cuore di pietra. Che fosse un capo s'era capito subito. Dalle pistole giocattolo era stato il primo a passare a quelle vere, il primo a girare in Ferrari, il primo in tutto. Il gregario all'inizio lo ammira, lo invidia per la sua capacità di essere un capo. La banda è una famiglia più importante della propria, dove vige una legge nella quale onore e fedeltà assumono un significato tanto distorto quanto incrollabile: per quella legge si uccide e si muore, da una parte o dall'altra di una pistola. Ma sarà proprio Maniero a tradire: approfitterà della legge sui pentiti e dirà tutto (quello che gli basterà dire), nomi e cognomi. Ora lui è libero, gli altri sono in carcere o ci sono stati.  La bellezza del testo di Sangati sta qui, nel far affiorare tra le maglie metalliche di una cronaca dura e violenta le emozioni, le paure, i sentimenti più profondi e sinceri di un ragazzino di provincia incantato dagli specchietti mossi dal suo mito. Di queste voci interiori, di queste incrinature e fragilità Giacomo Rossetto è interprete sensibile, concentrato e misurato: lo sguardo della bambina cui hanno ferito il padre davanti agli occhi, l'amore nascosto per la ragazza del capo, la consapevolezza della propria solitudine, l'invidia per chi non ha i soldi ma ha una famiglia, il dolore che ti spezza il cuore per l'esecuzione di un amico che proprio a te tocca seppellire sull'argine del Brenta ("L'ultima volta che ho pianto e l'ultima volta che ho obbedito"). Con un andamento circolare, il racconto si chiude dove è iniziato, tra i fantasmi dei bambini che giocavano al Far West, e con l'eco delle parole di un padre morto di fabbrica, tra vino e imprecazioni. E con quelle stesse imprecazioni sulle labbra, quanto ti accorgi che dentro sei morto anche tu, dopo esserti mangiato la vita dietro un sogno malato e criminale. Grande Rossetto, applausi scroscianti del Bixio.

Alessandra Agosti

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