<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
None

Garrett, energia al sax. E alla fine tutti a ballare

Kenny Garrett. COLORFOTO
Kenny Garrett. COLORFOTO
Kenny Garrett. COLORFOTO
Kenny Garrett. COLORFOTO

Verona. Apollo e Dioniso. La coppia, non jazzistica, racchiude lo spirito della serata di sabato al Panic cafè Trivellato dell'Astra: un momento tra i più indovinati di New Conversations, capace di rendere visibili energia e delicatezza, desiderio di mettersi in gioco e mestiere di vecchia data, combinando in maniera efficace linguaggi agli antipodi l'uno rispetto all'altro.
Ha aperto, come nei cinque giorni precedenti, un trio il cui leader è un volto noto al Panic: il danese Soren Kjaergaard (piano), che in occasione della sua "residenza" vicentina, ha portato con sé Ben Street (basso) e Andrew Cyrille (batteria).
Tutta nordica è stata l'impostazione della performance, a testimoniare la vitalità di una scuola jazzistica, quella danese, che ha ottenuto negli ultimi anni consensi a ripetizione. Ritmi non frenetici, dunque, sonorità essenziali e notevoli capacità evocative, per un jazz minimalista molto elegante che denota anche nei titoli dei brani ("Elegy", "Canonica" o "Abraham's Phrase"), studio profondo e intensità di pensiero.
Da Kjaergaard a Kierkegaard, insomma, il passo è breve, a segnare una sorta di propensione alla razionalità insita in tutte le produzioni creative in arrivo dal settentrione, quindi giù il cappello (capo d'abbigliamento, dal quale il giovane pianista non si separa mai) davanti al jazz in arrivo dal nord e all'autentica "favola in musica" raccontata nel corso delle serate-laboratorio del Panic jazz café.
Tutt'altra musica, invece, nel secondo concerto di serata con il Kenny Garrett Quartet: accanto a un'icona del funk-jazz come Garrett (sax contralto, sax soprano e tastiera), sidemen quali Johnny Mercier (Hammond e piano), Nathan Web (batteria) e Kona Khasu (basso) hanno garantito una performance ad alta energia, protrattasi (ma con Garrett è la regola) fin nel cuore della notte, con il pubblico a chiudere ballando coi musicisti in un'autentica atmosfera di festa.
Ha funkeggiato già di primo acchito, il leader al sax, distribuendo elettronica in gran quantità e chiamando spesso e volentieri il pubblico a intervenire con il battimano. Insomma, sabato sera sul palco dell'Astra c'erano jazz, funk, fusion, un po' di hip-hop, capacità coreografiche e strutture ritmiche modulari, sulle quali innestare improvvisazioni ad alta intensità. Diciamo "M-Base Movement"? Senza chiamare in causa il collettivo newyorchese, c'era comunque molto della scena urbana della Grande Mela, nella quale un istrione come Garrett si trova a meraviglia. Certo, nelle corde del sassofonista in arrivo dagli Usa c'è anche gran mestiere, ma glielo si perdona quando accantona per un attimo il funk e accenna, giusto a metà concerto, i toni dolci di una jazz-ballad.
Come dire? Apollo e Dioniso. Insieme, per una sera.

Lorenzo Parolin

Suggerimenti