Non si esce indenni dalla lettura del romanzo di Marco Peano L'invenzione della madre (Minimum Fax, 252 pagine, 14 euro). L'autore — quarantenne, torinese, redattore alla casa editrice Einaudi — descrive l'emotività di un giovane figlio unico che perde la madre. È quasi un diario: l'ultimo periodo di malattia della madre, la sua morte, l'anno seguente in cui Mattia, questo il nome del protagonista e l'unico nome del libro, cerca di far lavorare il suo cuore e la sua mente come una videocamera: prima vorrebbe fermare il tempo, poi riavvolgere la registrazione dei ricordi. Tutto per trattenere, invano, colei che invece deve lasciar andare, per poter continuare a vivere e a crescere. Il libro parla del cancro, l'innominabile «brutto male» chiamato invece per nome, parla della morte senza una speranza data dalla fede religiosa, ed è scritto, è l'autore a dichiararlo, a partire da un'esperienza autobiografica.
L'invenzione della madre nel senso latino della parola (invenire, trovare) o cos'altro?
Volevo suggerire il percorso che Mattia deve fare per accettare che le cose finiscano, per reinventarsi la madre che ha perduto. (...)
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