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L'intervista

Emanuele Tomasoni: «Io in finale al Campiello Giovani. Mai stato a Venezia»

Il 18enne è fra i 5 che si contenderanno il premio il 15 settembre a Venezia. "Tra sorrisi e macerie" il racconto ispirato alla situazione Russia-Ucraina
Emanuele Tomasoni sul palco del Teatro Nuovo di Verona, dove si è svolta la cerimonia di selezione dei finalisti
Emanuele Tomasoni sul palco del Teatro Nuovo di Verona, dove si è svolta la cerimonia di selezione dei finalisti
Intervista a Emanuele Tomasoni, il bresciano finalista al Campiello Giovani

Approdato fra i magnifici 5 del Campiello Giovani, Emanuele Tomasoni fra tre mesi concorrerà per la vittoria più prestigiosa d’ambito letterario nell’Italia della generazione Z. Nell’attesa, ha accettato l’invito ad un'intervista propostagli da Bresciaoggi. Emanuele vive a Brescia. «I miei genitori sono divorziati. Mia mamma fa la casalinga, mio papà ora non so».

Adesso che scuola frequenta?

Il Piamarta, tecnico economico.

Università già scelta?

Quest’estate ho fatto il test per la Bocconi e mi hanno preso. Ad agosto divento un bocconiano. Nuova meta.

Cosa vuol fare da grande?

Fino alla terza superiore ero abbastanza sicuro di voler continuare con la carriera economica: ragioneria, marketing, qualcosa di legato alla psicologia per capire come ragionano le persone. Poi è nata la passione per la lettura e la letteratura.

[[(video) Parla Emanuele Tomasoni, il bresciano finalista al Campiello Giovani]]

Com’è iniziata?

Una mia amica, compagna di classe, Sonila, mi ha consigliato di leggere "L’idiota" di Dostoevskij. «Come fai a non conoscerlo?». Le ho dato retta e sono rimasto estremamente colpito da come si possa descrivere tanto bene, sulla carta, una figura psicologica. Aspetti della personalità umana che mi hanno sconvolto.

La sua predilezione?

Mi appassiona il romanzo psicologico. Ora è sulla mia lista, piena di libri da leggere.

Pirandello?

Sì. "Uno, nessuno e centomila", "Le novelle" che abbiamo fatto a scuola. Molto interessante "Ciàula scopre la luna". "La carriola" mi ha quasi dato fastidio, per quanto è assurda. Stupenda "La patente", così ironica. Cose scritte tanto tempo fa, come nel caso di Dostoevskij, che ancora si applicano alla realtà. Ogni tanto nascono dei geni in grado di rappresentare qualcosa che rimane per l’umanità, nei secoli, evolvendosi.

Star Wars è parente dell’Iliade e dell’Odissea.

Sì, i meccanismi sono sempre quelli.

Emanuele Tomasoni davanti alla redazione di Bresciaoggi
Emanuele Tomasoni davanti alla redazione di Bresciaoggi

Quando si è cimentato con la scrittura?

Dopo "L’idiota", ho letto "Così parlo Zarathustra" di Nietzsche. Non so quanto ho capito, ma una mia interpretazione ce l’ho e leggerlo mi ha fatto venire voglia di scrivere. In quarta ho cominciato a fare le prime sperimentazioni su qualche testo. Le ho fatte vedere al mio professore d’italiano che è estremamente severo e mi ha detto di iniziare più sul semplice, non sulla filosofia. La prima cosa decente che ho scritto, sul finire della quarta, è stata "Tra sorrisi e macerie", che ho proposto al Campiello.

Di cosa tratta?

È la storia, ispirata alla situazione che si è creata fra Russia e Ucraina, di un ragazzo di nome Faddei, figlio di persone emigrate per scappare dalla guerra. Da piccolo ne era affascinato: il padre era un soldato, raccontava le sue missioni. Crescendo, dopo la morte del padre al fronte realizza che i conflitti possono avere anche aspetti molto più duri e profondi della fama e della gloria. Gli pesa l’impossibilità di cambiare le cose, come il senso di colpa di vivere una situazione più comoda rispetto a chi rischia la vita. Allora trova la soluzione: proverà ad avere un impatto come volontario. Comincia il suo viaggio e nei luoghi disastrati nota che chi è rimasto fedele a se stesso sono i bambini, capaci di ritrovare di tanto in tanto la felicità fra tanta distruzione.

Com’è nata l’idea di spedire il racconto al Campiello?

Un caso. Un mio amico aveva aperto Instagram e fatto una story con un quiz sui premi letterari in Italia. Uno di questi era il Campiello. Ho visto che c’era la possibilità di partecipare anche per i giovani e ho tentato, non mi costava niente.

Ha scelto la forma racconto.

Perché la storia si prestava. E perché un romanzo, per uno studente, è un bell’impegno da prendere.

Quando ha saputo di essere nella cinquina scelta, cos’ha pensato?

È stato totalmente inaspettato. Un’epifania. Già vedermi nei primi 25 selezionati sul sito mi avevamo emozionato. Poi c’è stato l’evento a Verona, uno spettacolo, ed ero contento anche così, tanto più che la mia autostima era sotto i piedi perché ero circondato da studenti del classico, dello scientifico. Gente che parlava di latino, di autori greci. Quando sono stato chiamato... Cuore in gola.

Adesso la finalissima del Campiello.

Il 15 settembre, a Venezia. Città che non ho mai visto. Sarà di sicuro indimenticabile.

Cosa sta scrivendo in questo periodo?

Un racconto, finito la settimana scorsa, che penso sia migliore di quello spedito al Campiello.

Genere?

Realismo magico. Un padre e una figlia si ritrovano in mezzo a un bosco. Non smettono mai di camminare. Il padre giustifica questo continuo spostarsi con storie sui giganti: sono tanti e ovunque, sono pericolosi e possono schiacciarti. Crescendo la figlia inizia a farsi venire dei dubbi. A un certo punto il padre si ammala, lei deve allontanarsi e quando torna vede che il loro accampamento è stato schiacciato, ci sono impronte enormi e il padre è sparito. I giganti sono la metafora dell’umanità: non si fermano mai, indifferenti a quello che schiacciano. Il genitore cerca di proteggerla ma nel modo sbagliato, senza spiegarle il perché.

Se non sta studiando, leggendo oppure scrivendo, coltiva qualche hobby?

Detto che voglio leggere di tutto, finora mi sono dedicato poco agli italiani ma per esempio ho scoperto Rigoni Stern. Per il resto cammino, corro, ascolto musica. Di tutto, dalla classica al rap, passando per elettronica e pop. Ma non la trap.

Gian Paolo Laffranchi

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