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L'evento

Goldin dà voce a van Gogh: «Dalla sua anima capiamo la pittura»

di Nicoletta Martelletto
Oggi a Thiene 90 minuti tra parole, lettere e sfolgorìo di immagini. «Le mostre? Solo senza l’ossessione dei numeri»
Vincent van Gogh: lo storico dell’arte Marco Goldin in scena per 90 minuti con le immagini di luoghi e quadri
Vincent van Gogh: lo storico dell’arte Marco Goldin in scena per 90 minuti con le immagini di luoghi e quadri
Vincent van Gogh: lo storico dell’arte Marco Goldin in scena per 90 minuti con le immagini di luoghi e quadri
Vincent van Gogh: lo storico dell’arte Marco Goldin in scena per 90 minuti con le immagini di luoghi e quadri

Due schermi di 10 metri lineari. E null’altro. La voce sarà quella del trevigiano Marco Goldin, storico dell’arte, curatore di tante mostre di successo e da un paio d’anni stabilmente narratore a teatro. 

Lo spettacolo

È già tutto esaurito lo spettacolo “Gli ultimi giorni di van Gogh. Il diario ritrovato”, dal libro omonimo, in scena al Comunale di Thiene oggi alle 18. Alle spalle del fondatore di Linea d’Ombra, per 90 minuti ci saranno proiezioni: quadri e fotografie d’epoca, oltre ai video girati in Provenza, tra Arles e la pianura della Crau, le Alpilles, l’istituto di cura a Saint-Rémy. Le musiche in sottofondo sono di Franco Battiato e le animazioni video di Alessandro Trettenero, la produzione è di International Music and Arts. 
Goldin va a Thiene: a Vicenza non l’hanno più chiamato dopo quasi 7 anni quasi in residenza, sei mostre e numeri stellari come i cieli dell’olandese. 

La tappa a Thiene

Già oltre 20 mila persone hanno visto questo spettacolo. Sarà la replica numero...?
Con Thiene arriviamo a 27, devo dire che sta andando molto bene, e dopo il Nord mi sposto per la prima volta in Sicilia con tre date, isola dove non ho mai organizzato mostre ma dove evidentemente c’è molta curiosità. A Catania è già esaurito.

Avrebbe immaginato di diventare attore?
Non lo sono, non ho quella formazione. È vero però che ho dimestichezza con la mescolanza di immagini, musica e poesia da quando ero studente universitario, e facevo piccoli esperimenti per conto mio. Parlare d’arte in modi non tradizionali mi è sempre piaciuto e quando ho potuto farlo dal punto di vista professionale è diventato un piacere. Anche nelle mostre ho sempre inserito altri elementi oltre alle opere, e il teatro sotto il profilo della narrazione è lo strumento che offre questa possibilità.

In sala c’è il suo pubblico di sempre? La seguiva quasi un milione di persone in Italia.
Al 90 per cento sono i visitatori delle mie mostre, cui si uniscono altri, ma quando vado in città dove non ho mai lavorato sono sorpreso dall’attenzione e dalla partecipazione. Cosa si aspettano? Un modo diverso di conoscere l’arte.

In scena da solo

Spesso i critici narratori sovrastano con la loro personalità gli autori che raccontano. Lei?
Io sto in scena sempre da solo ma il centro è l’autore, faccio parlare lui con un coinvolgimento emozionale molto forte, che del resto è anche il mio. Emozione e conoscenza sono amplificate qui da immagini lavorate in modo straordinario, che avvolgono il pubblico. A van Gogh e ai suoi ultimi giorni è facile dar voce, specie se si conosce bene la sua vita: ho studiato migliaia di documenti e lettere. E’ una cosa che viene da lontano.

Fin da quando proponeva mostre di contemporanei italiani?
Da metà anni Novanta per un paio d’anni ho proposto dialoghi immaginari in cui facevo parlare i pittori che esponevo, è una formula che mi ha sempre contraddistinto. 

Van Gogh, un nome che tutti conoscono

Van Gogh è miele per le api, attrae tutti, indipendentemente dall’età e dagli studi.
Vero, ma anche nella prima tournée sulla grande storia dell’impressionismo devo dire che la risposta del pubblico è stata incredibile. Certo, van Gogh è il nome che tutti conoscono ma io cerco di farne una persona con un’anima per entrare poi nelle pieghe della sua pittura. Non mi interessava raccontarlo nella sua notorietà, nei luoghi comuni ed edulcorati, volevo attraversare i luoghi che parlano di lui con tantissimo “girato” che abbiamo raccolto in due-tre anni non solo in Provenza ma andando con la memoria a Parigi e all’infanzia in Olanda.

Uno spettacolo per tutti?
Non lo so, il pubblico deve anche concentrarsi, c’è tanta parola oltre alla musica e alle immagini, uno sfolgorio di immagini. Entro dicembre superiamole 30 repliche, vuol dire che ha funzionato. Anche in luoghi sacri come il Regio di Parma, alla fine è stata standing ovation.

Tornerà alle mostre?

Si è reinventato un lavoro dopo la pandemia. Tornerà alle mostre? Glielo chiedono?
Il pubblico me lo chiede di continuo ma se dovessi farlo sarà con progetti diversi. Non amo la deriva recente che hanno preso le mostre in Italia, affittando pezzi di collezioni e portandoli in Italia, oppure spostando e scambiando opere da un museo all’altro, con uno-due camion fai tutto. Certo c’è il problema dei costi, chiedere oggi quadri o sculture a venti musei diversi attorno ad un tema o ad un autore è un bel problema. Dopo aver curato 400 mostre, mi piacerebbe un progetto che non abbia l’ossessione dei numeri. Oppure tornerei all’arte italiana, altro ambito della mia ricerca. Vedremo. 

 

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