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Il libro

La vera scelta di Flora, la partigiana “Lea ”

Fu la comandante del Battaglione femminile Amelia della Brigata Stella. Venne torturata, i figli non sapevano del suo passato

Ci sono storie che si compongono un po’ alla volta. Tasselli che il tempo ritrova e che qualcuno rimette assieme con pazienza e cura, facendo domande e, soprattutto, trovando risposte che per molto tempo sono rimaste sopite, nascoste. Brigida Randon nel libro “La scelta di Flora. Vita di Flora Cocco, la partigiana Lea” (Ronzani editore, 220 pagine) ha contattato i figli: Renzo, Giuseppe e Fernando, ha letto tutto quello che ha trovato scritto su di lei e su altre donne e uomini. Ha raccolto lettere private, testimonianze.

Flora nasce nel 1920 a Brogliano

Ma riavvolgiamo il nastro: Flora Cocco è nata il 27 agosto del 1920 a Brogliano, fece parte della Brigata Stella Divisione Garemi, era una partigiana combattente. Dal 1 luglio del ‘44 al 31 agosto del 1945 ricoprì il ruolo di capo servizi di collegamento. Studiò alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Padova, fece il liceo classico, probabilmente a Valdagno dove conobbe Alfredo Rigodanzo (nome di battaglia Catone). Era la sorella del partigiano Leo (Gaetano Cocco), ucciso nel rastrellamento della Piana frazione di Valdagno.

L'arresto del 1944, la tortura

Venne arrestata il 29 novembre 1944, torturata e imprigionata fino a maggio del ‘45. Se questa è la sintesi, nella pagine che Brigida Randon ha messo assieme traspare il ritratto di una donna che dopo l’uccisione del fratello, a 24 anni, chiede sì di entrare nella Resistenza, ma la sua scelta era maturata molto prima. Prende forma una donna colta, preparata che sa bene che cosa sta accadendo nel mondo e decide quale posizione prendere: contro il regime. Affronta l’arresto, quattro mesi di carcere, il processo e dopo si sposa con l’amore della sua vita Giovanni Priante e si trasferisce a Pisa dove il marito, laureato in chimica, sopravvissuto alla prigionia in Germania, va a lavorare. «Scrivendo questo libro - spiega l’autrice- volevo superare tutto quello che si sapeva di lei, della morte del fratello, delle lettere che scrisse a “Catone” Alfredo Rigodanzo, commissario politico della brigata, dell’arresto. Mi interessava comprendere come queste donne, con lei ce ne sono state altre e le cito nel libro, dopo la guerra siano riuscite a ricostruirsi una vita, ad andare avanti. Tra molti sforzi e con molto coraggio. Perché la società alla fine della guerra non le vedeva come eroine, sono tutte rientrate in famiglia come se nulla fosse, invece si erano sobbarcate sulle spalle pesi incredibili».

La prefazione scritta dai figli di Flora

Ad aprire il libro una prefazione dei figli di Flora i quali confessano che conoscevano solo in parte la vita da partigiana della madre, quando morì e i funerali si tennero a Brogliano non pensavano di trovare una chiesa gremita, non immaginavano di stringere tante mani. «Questo è uno dei particolari che fa luce sulla sua esistenza - prosegue Randon - infatti i figli mi hanno aiutato a ricostruire momenti importanti». Flora dopo la guerra si trasferisce a Pisa, ma non riesce ad insegnare, si iscrisse alle graduatorie, ma prima di lei venivano comunque gli uomini; ebbe tre figli in pochi anni, poi iniziò il malessere, la depressione, i ricoveri in strutture protette, con il marito e i ragazzi sempre accanto.

Le ripercussioni delle sofferenze

«Quando venne arrestata- aggiunge Randon- fu malmenata, picchiata e le misero le mani sotto il torchio. Quelle che spesso si toccava quando stava male, come mi hanno raccontato i figli, evidentemente di quel periodo molto era rimasto dentro come accadde a lei e a tante altre in circostanze diverse. In Flora ho trovato una donna tenace, decisa, intraprendente, desiderosa di andare avanti a tutti i costi anche con lo studio». Nel libro riferimenti letterari a Luigi Meneghello capaci di rendere il clima e l’atmosfera di quel periodo fatto sì di battaglie, di uccisioni, processi, ma anche di principi. Ripercorrere queste liturgie per mostrarne i lati più segreti e controversi, disegnando reti di relazioni è utile per dar vita ad un dialogo, anche per il tempo in cui viviamo ora, rivolto allo storia e alle nuove generazioni. 

 

Chiara Roverotto

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