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L'intervista

Serena Dandini: «Donne, il momento è arrivato»

di Nicoletta Martelletto
La conduttrice e autrice tv in “La vendetta delle muse” racconta quelle cui si è ispirata ma rimaste fuori dai libri di storia

«Sacrificare i talenti per lustrare come argenteria preziosa quelli dei loro mentori»: così Serena Dandini spiega la caduta della muse nella Storia. Nella mitologia le nove figlie di Zeus e Mnemosine rappresentano doni d’arte, scienza e cultura. Nei secoli sono diventate “oggetto” e ispirazione altrui. Dandini - conduttrice e autrice tv - la declassificazione non l’ha mai digerita: proseguendo sulla scia de “Il catalogo delle donne valorose”, del 2018, pubblica con HarperCollins “La vendetta delle muse”. Lo presenta venerdì 1 dicembre alle 18 a Bassano, libreria Palazzo Roberti.

È quasi allegro questo catalogo di donne, ma ha un retrogusto amaro.
È la prova che si possono dire cose gravi e importanti senza veemenza, trasmettendo speranza e senza nascondere un grammo della fatica di tante donne.

Chi sono le muse che ha scelto come esempio?
Sono quelle che mi hanno ispirato, quelle che hanno illuminato artisti e uomini celebri, ma che ho scoperto avere avuto delle vite molto più interessanti dei compagni, come Gala Eluard Dalì. Altre sono donne che hanno superato i mariti, penso a Colette, grandissima scrittrice che ha compiuto la vendetta da sola. Altre sono scienziate di cui nessuno aveva narrato compiutamente la storia.

Ha aperto un filone?
Ci avevo provato col libro del 2018, ora proseguo, ma la casa editrice stavolta mi ha fermato a 230 pagine, altrimenti avrei scritto un’enciclopedia. E’ un album molto personale, non omogeneo, ma che suggerisce al lettore di trovare le proprie muse. Sarei felice se si creasse un movimento per l’albero genealogico delle donne che la Storia non ha voluto vedere o ha relegato ai margini. In questo album di figurine, dalla mia amata Marianne Faithfull ad Anita Garibaldi, ciascuno deve aggiungere un nome, colei che l’ha aiutata a inseguire i propri sogni. 

Questo suo sguardo retrospettivo piace alle giovani?
Mi pare di sì, alcune si riconoscono e citano altri nomi innescando un gioco virtuoso. Comprendono che queste donne hanno vissuto in condizioni difficili, in cui non era possibile accedere alla libertà, allo studio, all’indipendenza economica, e sviluppare i sogni era una autentica sfida. Mi auguro che le giovani diventino muse di se stesse e non guardino mai al giudizio degli altri.

Il libro ribalta il concetto di uomini-maestri e donne-muse.
Musa potrebbe diventare un femminile sovraesteso. Va detto che nell’Olimpo greco muse e dee erano personaggi potenti e indomabili, per nulla romantici. Ripercorrendo il musismo, scherzosamente potrei dire che a quelle dee è stato tolto lo scettro e noi glielo restituiamo.

Le sue muse della contemporaneità?
Michela Murgia che, dopo la scomparsa, continua ad ispirare le donne col suo uso preciso e lucido delle parole. È nel mio pantheon, insieme alla resistenza delle donne afgane che vogliono studiare e alle iraniane che lottano per la libertà. 

Lo scatto decisivo che ci attende?
Un cambio di passo culturale: ora siamo pronti ad una vera uguaglianza di genere. I giovani e le giovani di questo Paese ce lo stanno indicando.

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