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Il mistero in Vaticano

Caso Orlandi: «Un muro di omertà tra chi era molto vicino a Emanuela»

di Nicoletta Martelletto
Il giornalista Tommaso Nelli sarà domani alle 18 al Monte di Pietà col suo libro: si occupa della scomparsa della ragazza da 14 anni
Tommaso Nelli, 41 anni, col suo libro edito da Fabiano&Castaldo
Tommaso Nelli, 41 anni, col suo libro edito da Fabiano&Castaldo
Tommaso Nelli, 41 anni, col suo libro edito da Fabiano&Castaldo
Tommaso Nelli, 41 anni, col suo libro edito da Fabiano&Castaldo

Quello di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa nel giugno di 40 annifa, è il mistero più insondabile del Novecento. Il giornalista Tommaso Nelli, partendo dalla sua tesi di laurea ne ha tratto un libro, la cui ultima edizione aggiunge elementi che non sono dettagli. Nelli presenta il suo “Atto di dolore“ , 416 pagine, domani alle 18 nella sala dei Pegni in contrà del Monte 13, su invito della Fondazione Monte di Pietà e Palazzo del Monte. Ingresso libero 

Non è un libro a tesi, ma la sua idea, Nelli, è che bisogna riaprire le indagini.
Sono convinto, dopo aver letto tutti i documenti possibili, che è nell’universo sociale di questa quindicenne e dentro il perimetro del Vaticano, che si può arrivare alla soluzione. Le amicizie, chi frequentava, le compagne di liceo e della scuola di musica. 

Aspetti poco approfonditi? Nessun intrigo internazionale, nessun sequestro, nessun movente economico?
Mancano in ognuna di queste ipotesi elementi concreti. Il rapimento non c’è stato: Emanuela è scomparsa di giorno, in centro e per strada, ha seguito l’invito di qualcuno che conosceva. Non c’è stata richiesta di riscatto, né la famiglia avrebbe mai potuto pagare. Le rivendicazioni sono arrivate tardi, da sigle di fantasia, senza un briciolo di riscontro negli atti inquisitori e giudiziari. Io non posso affermare che ci fosse una situazione in cui Emanuela era coinvolta, di sicuro conosceva chi ha avuto un ruolo nella sua scomparsa. 

Ha provato a ricostruire come viveva Emanuela? Ha scoperto zone d’ombra?
Ho capito che c’erano anomalie nella sua vita , perché non è possibile che dopo 40 anni ci sia una tale reticenza a parlare di lei. Ho contattato le amiche e le due compagne di banco: è comprensibile che all’inizio siano state condizionate dal dolore della sua scomparsa, non lo è che a distanza di anni siano ancora intimorite e irritate se gli si chiede di Emanuela. Una sua compagna mi ha detto che preferisce tenere per sé quello che sa. La famiglia Orlandi - il fratello Pietro ha scritto la prefazione della prima edizione del mio libro, poi ha interrotto i rapporti - nega che Emanuela non andasse a scuola. Ho visto pagelle e registri, 71 ore di assenza nel secondo quadrimestre. Sono state seguite le piste più inverosimili e nessuno ha sentito la ragazza che, individuata dalla direttrice della scuola di musica, era con Emanuela poco prima della scomparsa. La suora fu convocata dopo due anni, non le hanno chiesto di questa testimone.

Gli Orlandi hanno collaborato sul privato della figlia?
Sono rimasto stupito che abbiano seguito piste fantasiose come quella della prigionia a Londra o sentieri di vaghe suggestioni. Mi sarei aspettato che la famiglia alla chiusura dell’inchiesta e di 33 anni di indagini, impugnasse l’archiviazione. Su elementi certi, non su voci, si poteva ripartire. 

Un caso in cui emergono sciatteria e superficialità?
Sì e trascuratezza. Il padre di Emanuela è stato sentito per la prima volta 17 giorni dopo la sparizione. Nessuno gli chiese come la figlia tornasse dalla scuola di musica di solito. In luglio poi il depistaggio che voleva Emanuela rapita da organizzazioni che chiedevano la liberazione di Ali Agca, l’attentatore di Wojtyla. Messaggi lasciati in giro, telefonate all’Ansa, una coltre di fumo che ha avuto il suo peso e ha distratto gli inquirenti. Un’azione n orchestra da menti raffinate, non da mitomani. 

Cosa manca alla verità?
Che cada la coltre di omertà e silenzio attorno a questa ragazza, in Vaticano e tra chi la conosceva. Dico in Vaticano perché c’è chi non smette di ostacolare papa Francesco che chiede la verità, quella verità che Giovanni Paolo II ha tenuto nascosta per la ragion di stato, parlò agli Orlandi di terrorismo internazionale, al pari della sala stampa vaticana quando non c’è mai stato un elemento che lo provasse.

Lei è mai stato ostacolato o minacciato?
No, hanno cercato però di delegittimarmi con la calunnia, specie via social. Ma da cronista ho fatto parlare solo i fatti. Oggi se non accadrà qualcosa di clamoroso, nessuno più sentirà l’esigenza di liberare la propria coscienza. Provo amarezza per questo.

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