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Architettura

Cambieranno
case
e città

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L'architetto e paesaggista Sophia Los
L'architetto e paesaggista Sophia Los
L'architetto e paesaggista Sophia Los
L'architetto e paesaggista Sophia Los

Ne siamo stati prigionieri per due mesi e mezzo. L'abbiamo riscoperta, riamata ma forse anche un po' odiata. La casa pre e post Covid-19 è stata la protagonista di un incontro web promosso dall'Istituto nazionale di bioarchitettura e organizzato dalla vicentina Sophia Los, architetto e paesaggista, con Gianluca Rosso esperto di edifici a consumo energetico zero, con gli interventi tra gli altri del filosofo Marco Guzzi, della pianificatrice Marisa Fantin, degli architetti Sergio Los e Natasha F. Pulitzer, di Marco Bussone presidente dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani, e di Marco Caserio e Anna Carulli di Inbar.

 

Un tema chiave per progettare il futuro ha registrato 200 partecipanti via Zoom, molti dall'estero, e 1200 su facebook, e si è allargato a questioni urbanistiche e sociali, dopo le uscite di Stefano Boeri sulla rivalutazione dei borghi e non ultimo Rem Koolhas sul ritorno al country style. Il webinar è stato un successo, alla fine ogni partecipante ha lasciato una parola chiave: le più ricorrenti sono state cambiamento, sostenibilità, comunità, consapevolezza. Architetto Los, lei era partita da un sondaggio sulle case e siete finiti a ridisegnare le città?Abbiamo ragionato sul tema dello spazio in questa lunga crisi, osservando che dentro le abitazioni tornate ad essere riparo e luogo di sicurezza come nella preistoria, la gente è stata costretta a ripensare lo spazio per rispondere a coabitazioni mai provate prima e per ricavare più angoli di lavoro e studio in contemporanea, anche questi mai sperimentati prima di oggi. La casa è stata centrale in queste settimane: la gente ha riordinato, buttato, ha potuto misurare se la casa era luminosa, umida, climaticamente confortevole, sufficiente o insufficiente. E' stata al centro di una riscoperta. Si sono create nei palazzi comunità verticali di gente che prima non si salutava nemmenoE poi c'è lo spazio esterno.Sì quello attorno a casa, di quartiere, che abbiamo perimetrato a piedi nelle brevi uscite concesse, scoprendo che ogni zona di periferia non ha un centro pulsante, che il negozio sotto casa batte il centro commerciale, e che è stato più fortunato chi aveva un terrazzo, un giardinetto, oppure abitava in campagna. Il mercato immobiliare ha già colto queste nuove tensioni.Sul piano pratico progettisti e arredatori d'ora in avanti dovranno tener conto che l'open space nelle case è finito? Che una famiglia ha bisogno di privacy?E' certo una nuova domanda che per l'esistente darà luogo al disegno di nuovi mobili, di separè, di divisori e che per il futuro delle progettazioni di edifici dovrà tener conto di smart working e lezioni a distanza.Ecco, le distanze. In un attimo con il web sono state annullate, la gente non si è mossa, l'aria era meno inquinata, le auto sono rimaste in garage. L'idea che è emersa è che costruendo una relazione tra abitazione, lavoro e servizi in un ambito di vicinato, gli spostamenti si abbattono e le persone non hanno bisogno di attivarsi ogni 10 minuti con l'auto. Di fatto la ripartenza economica potrebbe essere anche quella del virus, proprio perchè legata a grandi spostamenti, e potrebbe non esserlo in virtù di quello spazio medicale che ci viene richiesto di rispettare. Di biourbanistica si parla poco.Non si fa perchè si parte sempre dagli edifici come oggetti, non da chi ci vive, dal sistema di relazioni da costruire attorno alla casa, quel sistema che crea controllo ambientale e che trasforma una strada in una stanza civica senza soffitto, che è di tutti, al pari di un'area verde o di uno spazio di incontro. Ci sono quartieri dove la gente non ha piazzette e vive come dentro dei recinti perchè è la strada a farla da padrone, vi pare possibile? Pensiamo poi a quando è stata importante in questa fase di Covid la medicina del territorio, quella prossima a casa per evitare l'ospedale che era luogo di infezione. Organizzare le distanze tra case e servizi è importante, preferire la bottega al maxi supermercato aiuta a ripensare la questione della salute, della sicurezza e delle relazioni. Ci sono studi sui sistemi di condizionamento dei grandi centri commerciali davvero preoccupanti: non sono luoghi di salute da nessun punto di vista. Un altro argomento di cui avete parlato è il boom dei disinfettanti dentro e fuori le case.Anche questa è una grande questione, perchè il pulire ossessivo degli ambienti ha ricadute in termini di inquinamento ambientale, problemi della pelle e della respirazione: sono prezzi da pagare? Un altro ambito sul quale ci si sta muovendo è quello dei materiali mangiavirus, ovvero materie prima naturali, a basso impatto, che incrocino l'ecologia, che consentano pulizie naturali o rigenerazioni d'ossigeno. Ripensiamo al ruolo naturale delle piante o al ricorso alle nanotecologie per sanificare i luoghi.Ha ragione chi predica l'addio alle città e una vita bucolica nel verde?A parte che l'Italia è così fortemente urbanizzata che allontanarsi da tutto non è facile, ci sarà certamente una rinascita dei borghi ma si potrebbe ricominciare dalla riqualificazione di strade radianti - la statale 11 a Vicenza è un esempio - o dalla rigenerazione delle periferie e delle zone industriali per proporre residenze, servizi, lavoro, agricoltura molto più compatti senza necessità di grandi spostamenti, drenando il traffico. Gli scenari che io prefiguro nei comportamenti post Covid sono due: uno che chiamo dello struzzo, uccello che vola poco, ovvero chi è disturbato dal virus e vuole tornare in fretta alla vita di prima, un po' negazionista, un po' impaurito, ma abitudinario; il secondo lo paragono all'uccello giardiniere che costruisce nidi artistici, sentieri per arrivarci, ovvero chi percepisce il cambiamento e scoprirà che ha bisogno di spazi diversi, anche solo di un terrazzo, forse riorganizzerà il suo lavoro, le sue abitudini alimentari, la sua casa. Anche in economicità degli interventi.Il decreto-rilancio offre molte occasioni per chi ha voglia di intervenire sugli edifici.Non era accaduto proprio lo stesso nel 2008, un'altra grande crisi anche per l'edilizia, e credo che i fondi stanziati e le detrazioni fiscali potranno generare una bella mole di interventi, piccole manutenzioni perchè mai come oggi c'è un fiorente fai da te, ma anche ristrutturazioni più impegnative frutto di una nuova logica dell'abitare. Forse abbiamo capito tutti stavolta che non è il pianeta il problema, ma siamo noi il problema. 

Nicoletta Martelletto

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