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6) Il doge
bacchettone
dipinto
da Tiziano

IL RITRATTO. La grande mostra in Basilica. Marcantonio Trevisani voleva moralizzare la gaudente laguna
Tiziano. Ritratto del doge Marcantonio Trevisani (o Trevisan) 1553
Tiziano. Ritratto del doge Marcantonio Trevisani (o Trevisan) 1553
Tiziano. Ritratto del doge Marcantonio Trevisani (o Trevisan) 1553
Tiziano. Ritratto del doge Marcantonio Trevisani (o Trevisan) 1553

Se Tiziano non l'avesse ritratto, del doge Marcantonio Trevisani probabilmente non rimarrebbe traccia, talmente breve e poco gradito fu il suo dogato. Fu eletto alla massima carica della Repubblica Serenissima il 4 giugno 1553 ma il 31 maggio dell'anno dopo morì, all'età di 79 anni. Fu un uomo talmente timorato di Dio, da condurre tutta la sua esistenza nel rispetto di monacali comportamenti che tentava d'imporre anche ai veneziani. Di rigore morale, Venezia non ne voleva sapere.  Nella metà del Cinquecento era una città libera e gaudente e le feste e le cortigiane erano fra gli aspetti più caratterizzanti la vita cittadina. Il nuovo doge voleva eliminare le une e le altre. Rispettato dal Maggior Consiglio per la sua onestà e rettitudine, non piaceva al popolo per il suo fanatismo religioso. Per non peccare, nemmeno si sposò e nell'anno del suo incarico Venezia non ebbe nessuna dogaressa.  Nel rispetto della tradizione, la Repubblica gli pagò il ritratto commemorativo da collocarsi nel Palazzo Ducale; fu fortunato, posò per Tiziano. L'esito fu talmente realistico che il poeta Pietro Aretino dedicò due sonetti al dipinto che sembrava “parlare, pensare e respirare”.  Superata la tipologia medaglistica del ritratto di profilo, scelto da Gentile Bellini per l'effigie del doge Pasquale Malipiero che in basilica gli sta a fianco, Tiziano scorciò un poco la figura illuminandola da sinistra.  L'apparato celebrativo c'è tutto: il mantello di broccato d'oro, l'anello e il corno ducale indossato sopra la cuffia bianca. Oltre la sottolineatura aulica e monumentale c'è ben altro, la penetrante ricerca del profilo psicologico espressa nel volto, dove abilità pittorica e sensibilità umana si compenetrano. La fermezza spirituale è dichiarata nella severità dell'espressione, nelle labbra sottili e serrate, nell'increspatura della fronte che rivela un lieve corruccio. In verità, Marcantonio Trevisani non ambiva alla carica di doge, forse sentiva il peso degli anni oppure quel mandato, con tutta la pompa magna che esigeva, non era consono alla sua sobria personalità. Tiziano raffigurò con irraggiungibile maestria la sua austera dignità umanizzandola in quello sguardo, severo sì, ma non immune da un pizzico di malinconia e rimpianto.(6-continua)

Cinzia Albertoni

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