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Schio

«Abusi sulla nipote». Pensionato viene assolto

Era accusato di violenza sessuale nei confronti di una nipote acquisita, invalida civile all’85 per cento, ma il collegio giudicante lo ha assolto perché «il fatto non sussiste». È questa la sentenza pronunciata venerdì dal tribunale di Vicenza nei confronti di un pensionato di 76 anni (omettiamo le generalità a tutela della presunta vittima), residente a Velo d’Astico.
L’uomo era finito a processo con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una donna di 58 anni. Per l’accusa i fatti oggetto del processo sarebbero avvenuti a Velo nel febbraio del 2020. L’inchiesta della procura era scattata dopo una dettagliata denuncia di lei. Una querela a cui erano seguite le indagini da parte della polizia giudiziaria della procura che avevano portato ad ascoltare il racconto anche di alcuni testimoni che avrebbero raccolto le confidenze della donna.

In base a quanto denunciato, la presunta violenza sessuale sarebbe avvenuta il giorno di San Valentino del 2020, un venerdì, quando la donna si era trovata in compagnia del pensionato di cui è una nipote acquisita. In quella circostanza l’uomo l’avrebbe afferrata per un braccio e costretta a rimanere seduta sul divano imponendole di compiere e subire degli atti sessuali. Qualche giorno dopo, la donna decise di sporgere denuncia nei confronti dello zio acquisito. L’uomo fu iscritto sul registro degli indagati. Il fascicolo finì sulla scrivania del pubblico ministero Paolo Fietta che, al termine delle indagini preliminari, decise di chiedere il rinvio a giudizio del 75enne.

Tramite i suoi legali, gli avvocati Nive Lorenzato e Lucio Zarantonello, l’imputato ha sempre respinto le accuse, sostenendo la sua completa estraneità ai fatti. «Il nostro assistito sostiene di essere assolutamente innocente - aveva affermato l’avvocato Zarantonello in occasione del rinvio a giudizio - È convinto che questa sua parente si sia inventata l’intera vicenda solo per dei motivi economici».
Sicuri di poter dimostrare la loro tesi in aula smontando le accuse, i legali dell’uomo preferirono affrontare il dibattimento davanti al giudice. Va detto che la presunta vittima era stata sentita in sede di incidente probatorio, quindi dal giudice per le indagini preliminari Toniolo. Quella ricostruzione dei fatti è stata un’anticipazione della prova, quindi nel dibattimento non è stata sentita. La procura, con il pm Pinna, aveva chiesto 4 anni di reclusione. La donna, con l’avvocato Andrea Massalin, aveva chiesto un risarcimento di 50 mila euro. Sia la parte civile che la difesa hanno indicato tre testi ciascuno, che sono stati ascoltati nel processo. Tra questi la figlia dell’imputato e anche la sorella della presunta vittima. La sorella, indicata dalla difesa, «ha dichiarato di non credere che lo zio avesse potuto commettere il reato di cui era accusato», afferma l’avvocato Zarantonello. «È anche vero che le sorelle non si parlano da anni per attriti di vecchia data», replica l’avvocato Massalin.

Dalle testimonianze è emerso che la presunta vittima quel giorno si era recata a casa dello zio per chiedergli un aiuto economico, aiuto che lo zio le aveva per altro già dato. Il processo si è concluso venerdì: il collegio composto dai giudici Amedoro, Salvadori e Russo ha assolto l’imputato perché “il fatto non sussiste”, evidentemente non ritenendo sufficientemente provata la tesi d’accusa. Soddisfatto l’avvocato Zarantonello per aver visto accolta la sua linea difensiva. «L’accusa - osserva invece Massalin - era fondata esclusivamente sulle dichiarazioni, molto dettagliate, della parte offesa. Eravamo consapevoli della possibilità che il giudice faticasse a liberarsi da “ogni ragionevole dubbio”. Ora attendiamo le motivazioni per valutare se impugnare la sentenza». 

Ivano Tolettini

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