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Vicenza

Spunta una villa sequestrata alla criminalità. E il Comune la chiede per l'emergenza casa

di Alessia Zorzan
L’edificio si trova in viale D’Alviano e si compone di tre appartamenti. Il Comune vuole farne alloggi per il sociale
L’edificio confiscato si trova al civico 53 di viale d’Alviano e si compone di tre appartamenti oltre a una parte seminterrata
L’edificio confiscato si trova al civico 53 di viale d’Alviano e si compone di tre appartamenti oltre a una parte seminterrata
L’edificio confiscato si trova al civico 53 di viale d’Alviano e si compone di tre appartamenti oltre a una parte seminterrata
L’edificio confiscato si trova al civico 53 di viale d’Alviano e si compone di tre appartamenti oltre a una parte seminterrata

L’erba è alta e la vegetazione incolta, ma questi dettagli di contorno non bastano a far perdere signorilità al villino che sorge al civico 53 di viale D’Alviano, a Vicenza. Che nessuno se ne stia prendendo cura è anche logico, dal momento che l’intero immobile è stato confiscato per reati collegati alla criminalità organizzata. L’edificio - tre appartamenti e un seminterrato - rientra infatti nell’elenco dei beni dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
Si tratta del primo caso del genere in città e il Comune si è candidato per entrarne in possesso e ricavarne alloggi per il sociale, come spazi per le donne vittime di violenza o per genitori con figli minori a carico e senza un posto dove stare. La legge prevede infatti che possano farsi avanti - per aggiudicarsi il bene - istituzioni come Comune, Provincia, Regione, ma anche Demanio, forze di polizia ed enti del terzo settore. La finalità del reimpiego deve essere sociale o istituzionale, come nel caso della creazione di alloggi per chi presta servizio nelle forze di polizia. I beni possono anche essere usati dagli enti per finalità di lucro, ad esempio mettendoli in affitto, ma i proventi devono essere destinati a progetti sociali. 

Difficile ricostruire l’esatta storia del villino e di chi lo abitava, dato che il procedimento non è stato comunicato. Da quanto emerge, tuttavia, nella storia non vi sarebbero legami diretti con la mafia, ma con ambienti e attività della criminalità organizzata più largamente intesa, ad esempio narcotraffico o riciclaggio di denaro. Nel caso specifico la confisca, inoltre, sarebbe collegata a reati contestati in un altro ambito territoriale, dunque commessi fuori città e provincia. I riflessi del procedimento penale, tuttavia, sono arrivati fino al capoluogo. 

Evenienza di cui la città era ignara e avrebbe volentieri fatto a meno, ma come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere. Tanto è che il 12 dicembre l’Anbsc ha “bussato” alle porte di palazzo Trissino, chiedendo se la questione potesse interessare. Da qui l’organizzazione di un sopralluogo, al quale hanno preso parte prefettura, guardia di finanza e, per il Comune, polizia locale, Patrimonio e il capo di gabinetto Sandro Pupillo. Un tour che è bastato a convincere tutti della bontà dell’affare. La palazzina, infatti, si compone di tre appartamenti di sette-otto stanze ciascuno, e un ampio seminterrato. Il passaggio sarebbe a costo zero per palazzo Trissino, che ne entrerebbe in possesso gratuitamente. Alla Conferenza dei servizi organizzata dall’Agenzia il Comune ha così anticipato il proprio interesse, che è stato formalizzato ora con una delibera di giunta, presentata dall’assessore al patrimonio Sara Baldinato. 

A quanto pare, tuttavia, il villino starebbe facendo gola a più di qualcuno, tanto che quella del Comune potrebbe non essere l’unica manifestazione d’interesse inviata all’Agenzia dei beni confiscati. Ogni proposta deve però essere corredata da un progetto, che sarà esaminato e valutato dal Consiglio direttivo dell’Anbsc in questi primi mesi dell’anno. 
L’idea del Comune, come si legge nell’atto amministrativo, è di utilizzare tutti gli spazi «per finalità sociali volte a ricavare nuove soluzioni abitative da destinarsi a situazioni di disagio sociale e senza alloggio, prevedendo il loro utilizzo a donne vittime di violenza, famiglie mono genitoriali in cui spesso la madre si ritrova sola con i figli, famiglie in condizione di precarietà abitativa o senza casa». Non resta che attendere la decisione dell’Anbsc. 

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