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Vicenza

Virus del Nilo,
caos trasfusioni:
«Proseguono»

Il Centro nazionale sangue aveva comunicato la sospensione ma il Veneto fa i test che consentono di proseguire con le donazioni
Il Centro nazionale sangue aveva comunicato la sospensione ma il Veneto fa i test che consentono di proseguire con le donazioni
Il Centro nazionale sangue aveva comunicato la sospensione ma il Veneto fa i test che consentono di proseguire con le donazioni
Il Centro nazionale sangue aveva comunicato la sospensione ma il Veneto fa i test che consentono di proseguire con le donazioni

Il virus del Nilo arriva nel Vicentino, ma le donazioni di sangue proseguono, grazie ai test sulle sacche prelevate. Quella di ieri è stata una mattinata concitata, alla luce di una comunicazione ufficiale dell’Istituto superiore di sanità che è stata fonte di equivoci, poi chiariti. Per capire quanto avvenuto bisogna fare un passo indietro.

Atto primo. Nella giornata di martedì arriva l’allarme West Nile nella provincia di Vicenza perché in una delle trappole collocate dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie nel comune di Pojana Maggiore sono state catturate alcune zanzare portatrici della pericolosa infezione. Atto secondo. A Roma il Centro nazionale sangue dell’Istituto superiore di sanità emana una circolare, per usare un eufemismo, non poco equivoca. Dispone «l’esclusione temporanea per 28 giorni dei donatori che abbiano soggiornato anche solo per una sola notte nel Vicentino». La nota provoca scompiglio fra le associazioni beriche, in primis Fidas e Avis, e le telefonate si sprecano anche al centralino del centro trasfusionale del San Bortolo. Atto terzo. Arrivano i chiarimenti. Le donazioni non si sospendono. Si attiva, invece, da oggi anche a Vicenza per ogni sacca di sangue raccolto, un test in grado di accertare con precisione matematica la presenza del virus. Un po’ quanto già messo in atto in altre 3 province del Veneto, Rovigo, Verona, Padova, in Emilia Romagna, Lombardia, nel Lazio, in Sardegna. Lo stop alle donazioni vale per chi, residente in altre regioni, tornando a casa, volesse andare a donare il sangue senza fare il test che mette a nudo l'infezione.

Calmissima Alberta Alghisi, primaria della medicina trasfusionale del San Bortolo, svegliata ieri di primo mattino anche se in ferie da decine di squilli del cellulare: «Non cambia nulla. Si aggiunge solo un test. Le donazioni continuano. Anzi, ben vengano i donatori. In questo periodo c'è ancora più bisogno di loro. In ospedale serve sempre più sangue». Tranquillo Antonio Breda direttore del Crat, il coordinamento veneto per le attività trasfusionali: «Il segnale venuto da Pojana fa pensare che la circolazione virale sia significativa. Per questo le misure di prevenzione e l’attivazione del test. L’obbligo di non donare senza questo tipo di indagine riguarda i donatori che possono transitare da un territorio all'altro. I 28 giorni sono il periodo di tempo in cui si guarisce dall'infezione».

Operativo Mariano Morbin, presidente della Fidas provinciale, che vanta 19 mila 500 donatori e un patrimonio nel 2015 di ben 32 mila donazioni. «Sì, c’è stato parecchio trambusto, ma ora la situazione è sotto controllo. I nostri donatori sono sempre pronti. Anzi ringrazio quanti in occasione del terremoto dei giorni scorsi si sono messi subito a disposizione. Per noi il servizio del donare inizia ogni anno il primo gennaio e finisce il 31 dicembre».

Franco Pepe

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