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Vicenza, sentenza storica

Vietato licenziare
in periodo di nozze
Anche gli uomini

VICENZA. Non solo le promesse spose, o le mogli. La legge, in un'epoca in cui le pari opportunità sono tutelate dalle norme, va estesa anche agli uomini. E per la prima volta in Italia il tribunale di Vicenza ha accolto il ricorso di un lavoratore, licenziato dalla sua azienda poche settimane dopo le nozze. Sarà reintegrato nel suo posto di lavoro e riceverà tutti gli stipendi arretrati. L'ordinanza del giudice civile Gaetano Campo sta già facendo scuola a livello nazionale.

 

Per comprendere la portata della decisione è necessario fare un passo indietro, fino alla legge 7 del 1963, con cui lo Stato vietava il licenziamento di cui si stava per sposare (dalle pubblicazioni in avanti) o si era appena sposato (fino ad un anno dopo le nozze). In quel periodo storico era una forma di tutela per le giovani, che rischiavano di farsi lasciare a casa perché erano nella prospettiva di diventare mamme. E quindi, per garantire il diritto alla maternità. Da allora, la legge - poi confluita nel testo unico del decreto legislativo 198 del 2006 -, che prevede una serie di deroghe precise (ad esempio, la colpa grave), è sempre stata applicata in Italia a favore delle donne, come da spirito - non scritto - del legislatore di 54 anni fa. Fino alle scorse settimane.

 

Un trevigiano di 41 anni, residente a Borso del Grappa, era stato assunto da Cna Vicenza (la Confederazione nazionale dell'artigianato) come impiegato commerciale. Era stato licenziato unilateralmente il 30 maggio 2014, perché di fatto la sua figura non era più necessaria: la decisione era stata «determinata dal recesso unilaterale del contratto di outsourcing con Sviluppo artigiano società consortile cooperativa di garanzia collettiva Fidi». L'impiegato si era sposato il 5 aprile precedente, per cui il licenziamento rientrava nell'anno dopo le nozze. E il trevigiano, assistito dagli avv. Campesani e Righi, aveva impugnato il licenziamento davanti alla prima sezione civile del tribunale, con Cna (avv. Mantovani) che replicava di avere agito con correttezza. Il giudice Campo ha però dato ragione al lavoratore. 

 

Nella decisione, il giudice scrive che la previsione contenuta nella norma «sembrerebbe applicabile esclusivamente alle lavoratrici, nulla disponendo in ordine ai lavoratori. Il tribunale ritiene che si tratti di un silenzio normativo integrante una lacuna della disciplina, da colmare per via interpretativa». Da qui, l'indicazione dell'entrata in vigore delle pari opportunità e anche di altre norme che impongono di fatto di non operare distinzioni e quindi di una applicazione del «periodo protetto» anche allo sposo.

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