<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Vicenza

Variati oggi supera
Sala: è il sindaco
più a lungo in carica

Dodici anni, dieci mesi e un giorno: esattamente 4.689 albe da primo cittadino. È questo il numero del sorpasso: sono i giorni in cui Achille Variati si è svegliato con la fascia tricolore addosso. Esattamente uno in più di Giorgio Sala, sindaco senza interruzioni tra il novembre 1962 e il settembre 1975, e fino a ieri il più longevo in quel ruolo dal 1866, anno in cui Vicenza entrò nel Regno d’Italia. Da oggi il primato passa nelle mani del sindaco in carica, che è nel corso del secondo mandato consecutivo ma che guidò il Comune già tra il 1990 e il 1995.

IL SORPASSO. Un sorpasso è la storia di due vite. Come Rossi e Marquez in pista, come Juve e Inter in campo, così a palazzo Trissino. Giorgio Sala e Achille Variati: così simili, così diversi. Il moroteo e il rumoriano. L’educazione cattolica, la scuola politica democristiana e lo scettro di palazzo Trissino per entrambi, oltre a un’esperienza in Regione da consiglieri. Entrambi con un’alluvione - da sindaci - sul groppone, quella del ’66 e l’ultima del 2010. Ciascuno con un grande parco da lasciare nel libro di storia della città: il Querini, che durante il secondo mandato di Sala passò da mani private a quelle pubbliche tramite esproprio, per voto del Consiglio comunale, per ferma volontà del sindaco, ma anche con l’aiuto decisivo dei voti comunisti; e il parco della Pace - contrattato da Variati nell’ambito delle compensazioni alla nuova base americana -, opera in gestazione ma di cui si stanno gettando le basi, dalla bonifica bellica compiuta alla progettazione in corso.

L’ERA DI SALA. Due sindaci, due epoche, due mondi. Mancavano due giorni al suo trentacinquesimo compleanno, quando Sala divenne primo cittadino, il più giovane di sempre, primato tuttora imbattuto. Era il 26 novembre 1962, succedeva ad Antonio Dal Sasso, scomparso poco più di un mese prima. Vicenza iniziava a ruggire dopo le sofferenze della guerra. Il Veneto agricolo si riscopriva locomotiva industriale e s’inaugurava una nuova epoca anche per il capoluogo palladiano, chiamato a governare lo sviluppo. Con Sala sindaco nascono nuovi quartieri residenziali, le aree Peep da Laghetto a San Pio X, viene consolidata la tutela del centro storico, con lo specifico piano, e si gettano le basi della zona industriale, polo d’attrazione a ovest per nuove imprese e meta del trasloco di storiche aziende che sorgevano a un passo dalle mura medievali. Anni di grandi trasformazioni, in cui il sindaco era espressione di una sintesi politica che aveva nel Consiglio comunale, popolato da intellettuali e politici di rango nazionale, il suo perno.

Fotografia oggi sbiadita, consegnata ai libri di storia da una svolta politico-legislativa che a metà anni Novanta ha ridisegnato i rapporti di potere negli enti locali. «Era un sindaco che faceva squadra», afferma Mario Serafin, che di Sala fu collaboratore e addetto stampa. «Più amministratore che politico, con una forte autonomia rispetto alle correnti», tanto che poi «si avvicinò a quella di Moro, minoritaria».

VARIATI IN DUE TEMPI. Non aveva ancora compiuto 10 anni, Variati, quando Sala veniva eletto sindaco. Erano gli anni in cui Vicenza aveva un uomo al centro del mondo: Mariano Rumor, presidente del Consiglio, più volte ministro, segretario della Dc. Per Variati un riferimento. Di più: la stella polare. Stima ricambiata dal veterano che vedeva nel giovane allievo democristiano un patrimonio su cui investire. E ci investì il Consiglio comunale, nel 1990, quando lo elesse sindaco a 37 anni, da candidato più votato. Era il 12 luglio, lo stesso giorno in cui Boris Eltsin, a Mosca, abbandonava il Pcus, mentre l’Italia pallonara si leccava le ferite del Mondiale perso in casa. Ci vollero due mesi e una settimana perché in sala Bernarda si trovasse la quadra, tra bilancini e Cencelli sull’asse Dc-Psi-Pri-Pli. Anche in quei riti consunti si leggeva in controluce la crisi di un sistema che sarebbe imploso di lì a due anni, travolto dall’onda di Tangentopoli. Un’onda che però non scalfì il mandato di Variati, rimasto in sella fino al ’95 e uscito indenne - e rafforzato - dalla crisi amministrativa del ’92. Era una Vicenza ancora con il vento in poppa, anche se la sbornia economica degli anni Ottanta era già il passato. Il resto, il “secondo tempo” di Variati in municipio, è storia recente se non cronaca.

È quel 28 aprile 2008, un lunedì pomeriggio, quando l’ex giovane sindaco poi diventato consigliere regionale, da un appartamento-ufficio che affaccia in piazza dei Signori segue con apparente disincanto lo spoglio delle schede che lo riproietta a sorpresa alla guida del Comune, 13 anni dopo averlo lasciato. È la Vicenza del caso Dal Molin, segnata e divisa, che per 527 voti preferisce il volto del centrosinistra a quello di Lia Sartori. È l’anno in cui il mondo occidentale piomba in una crisi economica da cui non è ancora uscito e che si abbatte anche sulle finanze locali. Cinque anni dopo, Variati si assicura il bis al primo turno, avviando il secondo e ultimo mandato consecutivo che si concluderà nel 2018. E che oggi lo porta a essere il sindaco di Vicenza più longevo.

LA COPPIA. Due mondi, due figure diverse. Tra Sala e Variati, che pur condividono i geni politici nel cattolicesimo moderato, non è mai scoppiato l’idillio. Con un piccolo caso, poi, a raffreddare il rapporto: nel 2008, a Isabella Sala, figlia di Giorgio, non bastarono 465 preferenze personali per convincere Variati ad affidarle i gradi di assessore. Da fuori, anche se i protagonisti negano, c’è chi intravede un briciolo di competizione. Del resto, anche tra Rossi e Marquez o tra Juve e Inter...

Marco Scorzato

Suggerimenti