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Un euro per completare l’oasi di Casale

Le tracce lasciate da alcuni animali all’interno dell’oasi di CasaleIl terreno che è stato acquisito e che è sotto la lente del M5s
Le tracce lasciate da alcuni animali all’interno dell’oasi di CasaleIl terreno che è stato acquisito e che è sotto la lente del M5s
Le tracce lasciate da alcuni animali all’interno dell’oasi di CasaleIl terreno che è stato acquisito e che è sotto la lente del M5s
Le tracce lasciate da alcuni animali all’interno dell’oasi di CasaleIl terreno che è stato acquisito e che è sotto la lente del M5s

Questa storia comincia nel 1994. Non è inedita. È stata raccontata più volte. È densa di polemiche, dibattiti e incartamenti. È una storia che deve ancora concludersi e che anzi, a 23 anni di distanza, si arricchisce di un nuovo capitolo. La trama è semplice: il Comune ha avviato le procedure per acquisire un pezzo di terreno dove sorge l’oasi di Casale. Tempo permettendo, potrebbe non esserci niente di strano. Se non che quell’area è stata acquistata per un euro. E lì, secondo il comitato e il Movimento 5 stelle, sono stati sepolti sacchi contenenti cromo.

DALL’INIZIO. Il 15 febbraio 1994 il Consiglio comunale adotta il piano particolareggiato per istituire l’oasi in località Casale. In realtà la storia comincia prima. All’inizio degli anni Ottanta Giuseppe Romio, del comitato per la difesa del territorio di Casale, denuncia che nell’area (che al tempo era una cava di argilla) «sono stati sotterrati migliaia di sacchi di plastica contenenti cromo esavalente». Il 21 marzo 1988 arriva il sopralluogo. Una ruspa di Amcps interviene nel mappale 146, indicato da Romio, e trova i sacchetti. Scattano le analisi dell’Ulss: l’acqua, assicura l’azienda, non è inquinata ma è confermata la presenza di cromo.

L’ACQUISIZIONE. Si passa al 13 gennaio 1995 quando il sindaco (Achille Variati) autorizza «l’occupazione d’urgenza dei terreni necessari alla realizzazione dell’oasi» all’epoca di proprietà della ditta Industrie Beriche. Vengono acquisite tutte le aree salvo due pezzi di terra tra i quali il mappale 146, dove, a dire di Romio, si trovano ancora i sacchi incriminati. Secondo quanto scritto da palazzo Trissino, però, appare solo una coincidenza. «La proprietà di tali terreni - si legge nei documenti ufficiali - è cambiata numerose volte, motivo per cui non si è riusciti a giungere a un accordo per la loro cessione». Fino a qualche settimana fa, bisogna aggiungere. Perché a fine 2016 (22 anni dopo) il Comune chiude il cerchio quasi inaspettatamente. Perché non solo «la ditta proprietaria, la Socotherm di Adria, si è dichiarata disponibile a cedere detti terreni» ma lo fa anche a un prezzo simbolico: un euro. Il tutto è messo nero su bianco il 27 dicembre 2016.

LA MOZIONE. Intendiamoci le date saranno tutte casuali. Ma proprio ieri in commissione si è discussa l’ennesima richiesta, trasformata in mozione, presentata dal Movimento 5 stelle ancora il 13 novembre scorso. «Si chiede - afferma Liliana Zaltron portando con sé la relazione di uno studio di geologi - di effettuare nuove indagini nei terreni incriminati al fine di tranquillizzare la popolazione locale. Sono sufficienti quattro sondaggi profondi 10 metri, quattro prelievi di materiali e acque». Richiesta respinta.

Nicola Negrin

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