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Vicenza

Trapianto di rene
da padre a figlio
senza trasfusioni

Un intervento chirurgico di trapianto d’organi. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Un intervento chirurgico di trapianto d’organi. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Un intervento chirurgico di trapianto d’organi. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Un intervento chirurgico di trapianto d’organi. IMMAGINE D’ARCHIVIO

Eccezionale doppio intervento di prelievo e trapianto di rene su due testimoni di Geova senza trasfusioni di sangue. È la prima volta che accade a Vicenza. In Italia sono pochissimi i centri in grado di portare a termine una performance del genere che richiede procedure precise, abilità operatoria, nervi saldi.

I protagonisti di questa nuova impresa di “buonasanità” vicentina sono cinque componenti del team di chirurgia generale: il primario Francesco De Marchi, gli aiuti Oscar Banzato, Roberto Cola, Marco Cosci, Gianni Segato. Dall’altra parte della barricata, in due sale operatorie separate, un papà e il figlio. Abitano a Bolzano, in Alto Adige, la città “degli incontri” fra i vigneti e le Dolomiti. Il primo ha 56 anni, il secondo 25. Ma ecco la storia. Il padre vuole donare uno dei suoi reni al figlio malato. Quest’ultimo ha sviluppato una glomerulonefrite, una grave malattia infiammatoria che ha compromesso la capacità di filtro dei reni. L’unica prospettiva che si apre davanti al giovane bolzanino è la dialisi, una “schiavitù”, l’obbligo, tre volte la settimana, di ricorrere al rene artificiale; una tara pesante per un ragazzo della sua età. Allora il papà non ci pensa due volte. Decide di donare uno dei suoi reni. Chiama a Roma l’ufficio dei Testimoni di Geova, e gli dicono che a Vicenza esiste un centro trapianti di alto livello. In effetti è così. A dirigerlo, dal primo giorno in cui iniziava la sua storia nel 1988, c’è Stefano Chiaramonte, nefrologo preparato e meticoloso che segue i pazienti come fossero persone di famiglia. In 28 anni sono stati effettuati 810 trapianti, 720 da cadavere e 90 da donatore vivente, e i risultati sono da record europeo. Vicenza non ha nulla da invidiare a Padova, Verona, ad altri ospedali fuori del Veneto; è una delle punte di diamante, e i pazienti arrivano da tutta Italia. Così padre e figlio si presentano a Chiaramonte, iniziano visite e test, entrambi sono idonei, c’è compatibilità, tutto procede regolarmente.

I problemi iniziano alla vigilia del duplice intervento chirurgico. I due sono testimoni di Geova e pongono una condizione tassativa: non si deve ricorrere a trasfusioni, le quali sono inaccettabili per la loro confessione religiosa. Durante il prelievo e il trapianto nessuno dei due dovrà, perciò, perdere una sola goccia di sangue. Per i chirurghi si prospetta così una sfida nuova e difficile. Il trapianto da vivente è sempre una prova delicata in cui non si può sbagliare nulla, ma in questo caso l’asticella viene alzata ancora più in alto, la chirurgia senza sangue rappresenta una frontiera avanzata della disciplina.

Alle due operazioni assiste il responsabile del Comitato Testimoni di Geova di Vicenza Antonio Galzignato per garantire il rispetto delle loro credenze che escludono anche una semplice somministrazione di plasma, globuli bianchi, piastrine. Gli interventi durano 12 ore mezza. Il rene del papà di Bolzano viene prelevato dal primario De Marchi con l’assistenza di Banzato e Segato. Subito dopo Banzato, con l’aiuto di Cola e Cosci, trapianta l’organo sul giovane. I chirurghi operano senza soste dalle 8.30 del mattino alle 21 di sera. Non sentono la stanchezza. La concentrazione è massima. E le cose vanno benissimo. Neppure una goccia di sangue versata. Non c’è bisogno di sacche.

I chirurghi cercano di prevenire anche la più piccola emorragia e la bravura degli anestesisti evita cali di pressione improvvisi, di fronte ai quali la trasfusione diventerebbe l’unica strada percorribile. Il trapianto riesce. Papà e figlio sorridono.

Franco Pepe

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